Chemioterapia e cervello, dispositivo riassorbibile semplifica la procedura

Intravenous drip against the bright light, as a concept of awakening to surrondings in the hospital.

Esistono situazioni nelle quali la barriera emato-encefalica diventa un limite, un esempio si ha quando si sottopone un paziente con tumore cerebrale a chemioterapia, dopo l’intervento di resezione o per prepararlo all’intervento stesso.

Per superare quel limite si aumentano le dosi di farmaco e si applicano ultrasuoni mirati a bassa intensità, in associazione a RM, che agiscono sui vasi della barriera emato-encefalica, aprendoli. Questa è, però, una procedura complessa, che richiede sedute di cinque-sei ore e macchinari molto potenti.

Ricercatori dell’Università del Connecticut hanno sviluppato un dispositivo biodegradabile capace di produrre ultrasuoni e che può essere impiantato direttamente nel cervello per supportare la chemioterapia, riassorbendosi da solo nell’arco di sei settimane.

Il dispositivo è fatto di una struttura esterna, in policaprolattone e Poly-L-Lactide, entrambi biodegradabili, e porta all’interno nanocristalli piezoelettrici di glicina in forma di fibre che, sottoposti a corrente, vibrano emettendo ultrasuoni, processo supportato anche dai polimeri di rivestimento.

Thanh Nguyen, ricercatore coinvolto nello studio, sottolinea: «possiamo semplificare la procedura utilizzando questo device impiantabile e sfruttandolo ripetutamente per favorire la penetrazione del chemioterapico a livello cerebrale».

Al momento in commercio esiste già un dispositivo impiantabile, ma essendo in materiale ceramico, richiede un secondo intervento di rimozione.

Il primo passo, dopo la caratterizzazione del dispositivo, è stato testarne la sua biocompatibilità, sia in vitro che con saggio di citometria a flusso. Successivamente, gli autori hanno utilizzato topi con glioblastoma, trattandoli con il paclitaxel, potente contro questa forma tumorale ma difficile da far passare attraverso la barriera emate-encefalica.

I topi sono stati divisi in quattro gruppi differenti; tutti hanno però ricevuto l’impianto del dispositivo, che avviene attraverso iniezione diretta nel cervello. Tutti i topi sono stati trattati sei volte in sedici giorni con paclitaxel, ma solo in un gruppo ogni somministrazione è stata gestita in contemporanea con la produzione di ultrasuoni.

Degli altri tre gruppi, uno non ha ricevuto trattamento, uno lo ha ricevuto ma senza ultrasuoni e l’ultimo ha ricevuto gli ultrasuoni con un diverso sistema. Gli autori hanno monitorato la crescita del tumore ogni due-tre giorni. Al trentunesimo giorno, cinque giorni dopo l’ultimo trattamento, sono stati scelti due tipi per gruppo per ucciderli e valutare la massa tumorale.

Gli altri sono stati lasciati in vita per un follow-up a sei mesi. Dei quattro gruppi, quello che ha mostrato migliore attività antitumorale è quello che ha seguito la procedura sotto esame: questi topi sono quelli che hanno ottenuto la massima riduzione della massa tumorale.

Inoltre, non si sono visti segnali di rischio del trattamento, come perdita di peso o comportamenti anomali. Gli autori concludono che, nelle condizioni di studio utilizzate, il dispositivo è efficace e sicuro, per questo sono pronti a muoversi su animali più grandi.

(Lo studio: Chorsi MT, Le TT, Lin F, Vinikoor T, Das R, Stevens JF, Mundrane C, Park J, Tran KTM, Liu Y, Pfund J, Thompson R, He W, Jain M, Morales-Acosta MD, Bilal OR, Kazerounian K, Ilies H, Nguyen TD. Highly piezoelectric, biodegradable, and flexible amino acid nanofibers for medical applications. Sci Adv. 2023 Jun 16;9(24):eadg6075. doi: 10.1126/sciadv.adg6075. Epub 2023 Jun 14. PMID: 37315129; PMCID: PMC10266740)