Il nostro attuale sistema sanitario attraversa una stagione controversa.
Da un lato, è evidente che siamo in un momento di difficoltà che istituti autorevoli hanno documentato in modo puntuale. Il Rapporto GIMBE presenta una serie di dati che giustificano una importante preoccupazione sul futuro del nostro servizio sanitario (problemi di finanziamento, problemi legati al personale ecc.) che, se non affrontanti in modo strutturale, potrebbero portare certamente a un’evoluzione che, per molti motivi tra loro molto eterogeni, probabilmente nessuno di noi vorrebbe sperimentare.
Il problema, infatti – oltre i “tecnicismi” legati a quanto è finanziato il sistema ecc. – è essenzialmente etico e di visione: cosa vogliamo che sia la sanità domani? Vogliamo mantenere l’universalità che caratterizza il nostro servizio dalla sua nascita (1978) oppure siamo disposti ad accettare che qualcuno venga lasciato indietro? È interessante notare che oggi, quando conduciamo la valutazione di una tecnologia con un approccio muldimensionale (tipica dell’HTA), probabilmente l’elemento meno approfondito è proprio il dominio etico e di accessibilità. Questo è il segno che l’universalità su cui è basato il nostro Servizio Sanitario è diventata strutturalmente nostra e quindi viene forse un po’ data per scontata. Se il futuro sarà lontano dall’universalità questo dominio acquisirà purtroppo un valore significativo. Vogliamo davvero che sia così?
L’altra faccia della medaglia rappresenta un servizio sanitario che – soprattutto al livello più basso della piramide – si sta riorganizzando e sta facendo uno sforzo notevole per fornire risposte adeguate di salute a fronte delle risorse disponibili.
La sfida del PNRR è (o sembra, almeno dai numeri pubblicati) un treno lanciato verso la sua destinazione. Certo, non un Shinkansen (il bullet train giapponese), forse neanche un Frecciarossa, ma un buon intercity! E le aziende sanitarie stanno provando ad adattare la propria organizzazione, i propri flussi di lavoro e in alcuni casi anche la propria vision per poter realizzare questa sfida.
Portarla a destinazione con successo è lavoro di tutti, come evidenziato dalle numerose testimonianze che troviamo in giro per l’Italia, e riguarda tutte le figure coinvolte nei vari processi secondo le loro specificità e sfruttando le risorse che la tecnologia moderna sempre in evoluzione può fornirci per colmare le varie distanze che si possono incontrare.
Ingegneri, medici, infermieri, manager ecc.: tutti insieme stiamo lavorando per dimostrare che l’obiettivo può essere raggiunto nonostante fatica, limitazioni, ritardi, ostacoli (anche autoindotti), perché per fortuna il servizio sanitario ha ancora in mente il paziente e il suo bisogno di salute.
E questo perché il Servizio Sanitario (questa entità “eterea” per molti) è fatto di uomini che lavorano con gli uomini per gli uomini. E questo può essere l’unico elemento veramente necessario per evitare la distruzione di quanto pensato quasi 50 anni fa e costruito negli anni successivi. Per questo – e ne parleremo certamente in futuro – non dobbiamo perdere gli uomini: le macchine potranno affiancarsi agli uomini che lavorano, ma mai sostituirli.