Da sempre fiore all’occhiello del nostro Paese e da tutti amato e decantato, il SSN non incontra più il consenso del popolo. I dati di un’indagine del Centro di ricerca dell’Università Cattolica, campus di Cremona.
Sono anni che il SSN è in crisi, ma dal Covid in poi la situazione sembra peggiorare continuamente. Non solo le liste d’attesa tali per cui spesso il cittadino finisce per pagare di tasca propria una prestazione ambulatoriale: nonostante i tanti proclami, la medicina territoriale è ancora poco sviluppata e scollegata dagli ospedali, i nodi della rete non si parlano e spesso ci si trova soli. Tante le indagini che, negli ultimi anni, hanno evidenziato il malcontento del popolo, a partire da quelle di Cittadinanzattiva.
Di recente anche EngageMinds HUB, Centro di ricerca dell’Università Cattolica, campus di Cremona, ha condotto un’indagine sulla salute della sanità italiana. I risultati confermano l’insoddisfazione: per 9 partecipanti su 10 le liste d’attesa per l’accesso a visite specialistiche sono insostenibili, mentre per 7 su 10 il Governo dovrebbe aumentare gli investimenti per la sanità pubblica.
Inoltre, per 7 italiani su 10 è difficile anche reperire uno specialista cui rivolgersi, mentre per 5 su 10 capita che i medici siano poco competenti. Infine, 8 cittadini coinvolti su 10 criticano il proprio SSR, mentre 9 su 10 quello nazionale. Al momento il 51% non ha piena fiducia nel SSN. Per fortuna, la stessa indagine rivela che 6 italiani su 10 si sentono in buono stato di salute.
Come anticipato, il 60% degli interpellati si sente in buono stato di salute, mentre il 20% afferma addirittura di avere una salute molto buona; il restante 20%, invece, lamenta una salute non ottimale.
L’indagine mette in evidenza anche delle abitudini preoccupanti, come per esempio la scarsa tempestività con cui ci si rivolge al medico di famiglia per confrontarsi su sintomi inusuali o variazioni al proprio stato di salute e ciononostante, a parole, sia riconosciuta l’importanza del personale sanitario per una gestione efficace della salute. Sono gli anziani a confidarsi maggiormente con il medico di base, pari a un 68% degli intervistati, mentre il 47% non condivide con lui le proprie preoccupazioni sulla salute.
Sempre gli anziani hanno ancora fiducia nel SSN e nella ricerca scientifica. Più in generale, il Paese sembra spaccato in due, soprattutto nel valutare la competenza dei nostri medici: i più critici sono donne, votano a destra e hanno una bassa fiducia nel SSN.
Guendalina Graffigna, direttrice di EngageMinds Hub dell’Università Cattolica, commenta: «le evidenze rilevate dall’ultimo Engagement Monitor tratteggiano sì il quadro di un cittadino italiano sempre più attento alla sua salute e proattivo nella gestione della cura, ma le cui aspettative di “engagement” nel percorso sanitario sono in qualche modo frustrate dall’esperienza di un personale sanitario non sempre disponibile o pronto a cogliere anche questa nuova dimensione partecipativa e psico-sociale del paziente».
Una insoddisfazione che sarebbe utile guardare per tenerne conto nella ristrutturazione del nostro SSN.
Continua Graffigna: «gli italiani appaiono divisi tra chi guarda di buon grado la sanità privata e chi invece auspica maggiori investimenti e rilancio della sanità pubblica. In generale quello su cui si dovrebbe investire è anche la promozione di un engagement consapevole dei cittadini nella loro fruizione del sistema sanitario nazionale, volto a valorizzarne la dimensione di bene comune, e quindi di corresponsabilità dei fruitori stessi nella sua efficienza e sostenibilità».
Il problema, forse, è che potersi sentire coinvolti occorre avere fiducia nella situazione in cui si fa coinvolgere, mentre questa fiducia è sempre più scarsa. Anche i proclami relativi alle possibilità trasformative date dai fondi del PNRR ottengono pochi risultati, tanto che secondo l’indagine ben l’80% degli italiani sarebbe sfiduciato rispetto all’impatto reale del PNRR sul SSN.