Dati dal 5° Rapporto Long Term Care

Il Rapporto sulla Long Term Care, giunto alla sua quinta edizione e curato da Cergas SDA Bocconi ed Essity, fotografa la situazione in atto nel settore LTC in Italia e i cambiamenti in corso, con particolare attenzione alla crisi del personale. In Italia sono 3,9 milioni gli anziani non autosufficienti nel 2020.
Il welfare pubblico si conferma alquanto residuale, tanto che la maggioranza di questi soggetti viene gestita a domicilio, a livello familiare o con ricorso al badantato.
Particolarmente sensibile la carenza di personale: – 21,7% di infermieri e – 13% di medici e la scarsa attrattività del comparto. Per il futuro, cruciale investire maggiormente sui professionisti.

Presentato il 15 febbraio scorso presso l’Università Bocconi di Milano la quinta edizione del Rapporto Long Term Care curato da Cergas SDA Bocconi ed Essity – un progetto nato per favorire un momento di aggregazione tra i diversi player del settore, volto a discutere strategie presenti e future – quest’anno focalizzato sulla crisi del personale, che rappresenta un anello strategico per la qualità dell’assistenza.

Long term care in Italia

I dati 2020 mostrano che nel nostro Paese a non essere autosufficienti erano 3.935.982 soggetti over 65, pari al 28,4% del totale degli ultrasessantacinquenni. Un numero in costante crescita per via del progressivo invecchiamento della popolazione che necessita di risposte adeguate da parte del settore dell’assistenza agli anziani.
Partendo da questa analisi di scenario, il 5° Rapporto evidenzia la crisi di personale che coinvolge anche questo settore, mostrando come questo determini ricadute sulle aziende e sui servizi, in assenza di interventi normativi risolutivi.

Normative da aggiornare

Stando ai dati del Rapporto, per il 91% delle RSA intervistate la normativa regionale e gli standard ormai vetusti dei servizi sono percepiti come il più grande vincolo alla gestione del personale.
Gli standard minimi stabiliti dalle norme, infatti, non sempre corrispondono, ovvero sovente sottostimano, quanto sarebbe necessario in funzione delle caratteristiche effettive del servizio residenziale, chiamato a rispondere a bisogni sempre più complessi e multi-dimensionali dei residenti.
Inoltre, un’analisi dettagliata su 12 Regioni italiane ha mostrato una grande eterogeneità normativa, a livello di tariffe e anche nelle quote di compartecipazione.

Carenza di personale

Tornando al personale, il rapporto fotografa una crisi che, per quanto parzialmente ridottasi nel corso dell’ultimo anno, permane significativa.
Nel 2022 mancavano il 21,7% degli infermieri, il 13% dei medici e il 10,8% degli OSS.
Il settore, peraltro, ha perso nel tempo attrattività, tanto che il 62% del personale infermieristico ha lasciato le RSA per il comparto sanitario ospedaliero, con ripercussioni che rischiano di essere drammatiche in termini di qualità dell’assistenza.

Impatto sulle aziende

La crisi del personale impatta direttamente sulle aziende.
Dall’indagine condotta, il 90% delle RSA dichiara di aver avuto un incremento dei costi del personale; il 62% dichiara un peggioramento del proprio bilancio mentre il 74% denuncia un aumentato burnout dei dipendenti determinato dalla carenza numerica.

Forte eterogeneità regionale

Come sopra accennato, l’indagine condotta in 12 regioni italiane ha mostrato una profonda eterogeneità di servizi, frutto di standard molto diversi tra loro.
Le diverse normative hanno infatti prodotto standard assistenziali, tariffe e criteri di classificazione degli ospiti diversi, con impatti inevitabilmente differenti sull’operatività dei gestori e sulla loro capacità di innovare e di rispondere ai bisogni della cittadinanza.

Tuttavia, un dato interessante, evidenziato per la prima volta dal Rapporto, è quello relativo al confronto tra le diverse normative regionali dal quale risulta che le aziende hanno mediamente dotazioni di organico maggiore di quanto richiesto dalle norme, che sovente sottostimano le reali necessità: il campione analizzato mostra una media di 1 infermiere ogni 5,1 OSS (dato 2021), più alto rispetto al rapporto medio di 1 ogni 5,6 OSS definito dagli standard regionali.

Gestire la crisi: investire sulle persone

«I dati mostrano che affrontare la crisi del personale è possibile, ma serve un investimento in una duplice direzione: ripensare i servizi in funzione anche delle nuove necessità dei professionisti e operatori e investire ancora di più sulle persone.

Negli anni le Regioni hanno prodotto regole e norme eterogenee, che rischiano di trasformarsi in disordine e complessità se non si trovano risposte di policy univoche.
Lo sforzo delle aziende nel superare la crisi è notevole, ma per un reale cambiamento è necessario che le singole risposte siano coordinate in una visione d’insieme più ampia», ha sostenuto Elisabetta Notarnicola, coordinatrice del rapporto e associate professor of Practice, Divisione Government, Health e Not for Profit presso SDA Bocconi School of Management.

«Come per tutti i settori di servizi alla persona, anche quello long term care non potrebbe esistere senza i professionisti che producono e promuovono l’assistenza e la qualità della cura.
In un sistema che si basa fortemente su fiducia, competenze e qualità del lavoro, il Rapporto Osservatorio Long Term Care Cergas SDA Bocconi – Essity ci permette di analizzare lo stato di salute del settore assistenziale, fornendoci indicazioni preziose sulle sue reali necessità.

Il bisogno di unitarietà per superare la molteplice interpretazione degli standard normativi è certamente il dato più eloquente che dimostra come il settore long term care necessiti di un’azione di coordinamento mirata, per rispondere in maniera sempre più efficacie alle esigenze dei soggetti non autosufficienti», ha aggiunto Massimo Minaudo, amministratore delegato Essity Italia.