Frost & Sullivan in chiusura di 2020 ha offerto una panoramica online sui trend che hanno caratterizzato il panorama sanitario nell’anno critico dell’emergenza pandemica e ha formulato le sue previsioni di un 2021 all’insegna dell’innovazione.
Nel futuro dei sistemi sanitari c’è una visione paziente-centrica accompagnata da un orientamento forte all’idea di benessere a 360 gradi, ma anche l’idea di una cura distribuita e interconnessa, basata sulle potenzialità delle tecnologie digitali. Questo farà sì che i portatori di interessi nel settore adattino e potenzino le loro strategie di coinvolgimento del paziente e adottino tecniche e strumenti innovativi per la gestione dei malati a domicilio.

È questa in sintesi l’opinione espressa da Reenita Das, senior vice president e partner di Frost & Sullivan in occasione di un webinar sulle tendenze della sanità nel 2020 e ai possibili trend del 2021.
«Riconosciamo le criticità sollevate dalla pandemia a livello mondiale, ma pure che il Covid-19 ha creato opportunità di miglioramento per le aziende, nel quadro del new normal». Per Frost & Sullivan il 2020 ha segnato l’affermazione della telemedicina come standard e ha contribuito a consolidare il presidio della galassia healthcare da parte di soggetti provenienti da mondi eterogenei come quello dell’IT.
Gli esempi spaziando da IBM a Microsoft passando per quella Amazon che già ha più che ventilata l’ipotesi di una sua crescente presenza nelle farmacie e nel business delle tecnologie indossabili. È stata superiore al 100% su scala planetaria la crescita dei consulti clinici a distanza. E del modello emergente della sanità distribuita dà testimonianza il fatto che, anche in Europa e nel nostro Paese, i tamponi per la diagnosi del Covid-19 hanno via via trovato spazio anche in luoghi ben diversi e ben distanti dai classici ospedali. I paradigmi terapeutici sono destinati d’altronde a essere ridisegnati e riprogettati in base ai progetti di remote monitoring.

Non solo vaccini

Il complessivo valore del business legato alla salute è atteso a crescere di quasi quattro o di oltre cinque punti percentuali a seconda che le stime siano o meno improntate alla prudenza.
Certo è che resterà nel 2021 oltre la soglia dei due trilioni di dollari, grazie al recupero dei dispositivi medicali e dell’imaging e all’inarrestabile progresso dei servizi digitali e della diagnostica in vitro.
Per tacere, naturalmente, di quell’industria farmaceutica e biotecnologica che dovrà parte delle sue fortune al tanto atteso vaccino. Stati Uniti, Canada, Giappone, Europa e Regno Unito ne hanno già prenotato secondo Frost&Sullivan il 50% delle dosi, pur rappresentando solo il 20% della popolazione globale.
4,12 miliardi di esse dovrebbero essere distribuite alle categorie più a rischio di contagio quali gli anziani, gli operatori sanitari, gli adulti con comorbidità (45%).

La strategia antivirus è però duale e fatta perciò del connubio fra vaccini e terapie, entrambi supportati dall’educazione dei consumatori mediante campagne massicce. Se la volontà di mettere l’individuo al centro potrà avere successo è per via del concomitante concretizzarsi di spinte molteplici. L’abilitazione dei servizi digitali, pronti a diventare fonte di guadagni incrementali soprattutto dal momento in cui il 35% circa delle interazioni medico-paziente sarà virtualizzato, in primo luogo. Ma anche la creazione di partnership fra attori dall’esperienza diversificata e la riorganizzazione conseguente della supply chain.

Secondo il senior industry analyst Chandni Mathur «si assisterà alla virtualizzazione di ampia portata della sanità e inediti modelli di business emergeranno a supporto della trasformazione dell’ecosistema terapeutico». Fra i pilastri dell’evoluzione sono destinati a giocare un ruolo centrale «l’interoperabilità e la sicurezza dei dati».
Dal canto suo la global digital health director Sonya Denysenko ha sottolineato soprattutto il crescente valore delle soluzioni di intelligenza artificiale.

Alla ricerca della marginalità perduta

«La pandemia da Covid-19», ha osservato Denysenko, «ha dato avvio a una profonda trasformazione del settore sanitario e l’intelligenza artificiale rappresenta quel tipo di tecnologia innovativa della quale si dovrebbe salutare una più diffusa adozione lungo tutto lo spettro delle applicazioni mediche.
Dalla ricerca di ambito farmacologico sino alla cura preventiva e ancora dall’imaging alla gestione dei flussi di lavoro. Una forte crescita dovrebbe interessare anche il cloud e l’analisi dei big data».

Negli Stati Uniti e al solo mese di giugno l’ospedalità ha contato perdite complessive da 323 miliardi di dollari e l’intenzione è recuperare terreno – l’aumento previsto dal II trimestre del 2021 è dell’1-5% – quanto prima riposizionando una larga fetta dei budget verso le infrastrutture digitali.
Sempre per quel che attiene agli States la sfida consisterà nell’identificazione di nuove forme di rimborso e se si pensa alle iniziative di telemedicina allora è facile notare come il tema tocchi da molto vicino anche l’Unione Europea e l’Italia, dove è in discussione da tempo e su vari livelli. Più in generale il prossimo anno è atteso a introdurre l’affermazione come standard delle terapie e del panel multi-genici.
L’ipotesi è che possano dare vita a un business da 1,7 miliardi di dollari trainato in particolare dalla lotta contro il cancro del colon-retto e della prostata. Gli investimenti in digitalizzazione riguarderanno tanto gli ospedali e centri di cura quanto i loro fornitori diretti e non e all’area dell’imaging di nuova generazione saranno probabilmente indirizzati budget da 2 miliardi.

Roberto Carminati