Dimissioni ritardate, una scoping review

Negli ultimi decenni la sanità di gran parte del mondo si è orientata verso la collaborazione tra l’ospedale, visto come il luogo di cura delle acuzie, e il territorio, sede della cronicità. Questa ristrutturazione ha visto anche la graduale riduzione dei posti letto ospedalieri, anche se in alcuni Paesi, come l’Italia, questo fenomeno è stato accentuato.
L’idea era che la popolazione avrebbe avuto sempre meno bisogno di interventi in acuto e sempre più esigenza di essere seguita sul territorio per le patologie croniche.

Purtroppo, una patologia cronica non ben gestita si traduce in eventi acuti che richiedono l’intervento dell’ospedale, il che significa che il numero di posti letto ha ancora la sua importanza, come hanno ampiamente dimostrato i due anni appena trascorsi.

Quando il territorio manca, è l’ospedale a dover colmare quel vuoto. Il problema è la carenza di posti letto, va infatti migliorata la gestione dei flussi in ingresso e in uscita, calcolando quindi al meglio i giorni di ricovero per ogni tipologia di intervento, chirurgico o no che sia.

Uno studio condotto presso l’Università di Malta si è concentrato proprio sul concetto di dimissione ritardata, cercandone in letteratura definizione e cause per individuare strategie atte a ridurla al massimo.

Ogni ritardo sulle dimissioni può incidere negativamente sul percorso terapeutico di un paziente che necessita di ricovero, oltre che sui costi della struttura. Gli autori hanno quindi avviato la loro revisione di scopo cercando in letteratura ogni file che potesse avervi attinenza, per selezionarne alla fine 64. Si tratta di studi condotti tra il 1990 e il 2019.

La scoping review ha il vantaggio di riuscire a mappare le evidenze disponibili rispetto a un dato tema e, in particolare, è utile quando si voglia chiarire concetti chiave/definizioni presenti in letteratura. Vediamo quindi i risultati di questo lavoro. Per quanto riguarda la definizione di dimissione ritardata gli autori si sono accorti che non ne esiste una univoca, essendo legata anche ai diversi scenari medici possibili e, anche, alle diverse caratteristiche del setting di cura.

È stato invece possibile identificare le principali cause di questo evento, per lo più legato a errori organizzativi, planning inadeguati, problemi di trasferimento e all’età. Per quanto riguarda gli effetti a cascata, i principali sono il blocco dei letti e il conseguente sovraffollamento dei Pronto Soccorso, ai quali si aggiungono anche implicazioni di carattere finanziario.

Al momento le azioni intraprese e segnalate in letteratura per risolvere questo problema puntano a coinvolgere medici di medicina generale e personale dell’assistenza sociale. Ci sono poi una serie di iniziative in atto, non meglio definite nell’abstract dello studio. Questa revisione di scopo vuole essere punto di partenza per ulteriori studi, magari costruiti ad hoc per valutare operativamente, per esempio, quando si può parlare di dimissione ritardata e quando no.

(Lo studio: Micallef A, Buttigieg SC, Tomaselli G, Garg L. Defining Delayed Discharges of Inpatients and Their Impact in Acute Hospital Care: A Scoping Review. Int J Health Policy Manag. 2020 Jun 29. doi: 10.34172/ijhpm.2020.94. Epub ahead of print. PMID: 32610822)

Stefania Somaré