L’infiammazione associata a insufficienza respiratoria ipercapnica e a broncopneumopatia cronica ostruttiva comportano, così come altre patologie polmonari, un aumento dei livelli di anidride carbonica nel sangue che può richiedere l’uso di una ventilazione meccanica non invasiva (NIV) a lungo termine. Questa soluzione si è dimostrata capace di ridurre non solo l’anidride carbonica arteriosa, ma anche le dispnee e le ospedalizzazioni associate. Inoltre, sembra favorire esercizi respiratori per migliorare la capacità polmonare e, in definitiva, la qualità di vita.

Storicamente, la NIV viene avviata in ospedale e sempre in ospedale avvengono i follow up successivi. Un sistema che potrebbe diventare obsoleto, almeno per alcuni pazienti.

Uno studio pilota italiano, condotto dalla Unità Operativa di Pneumologia Riabilitativa degli Istituti Clinici Maugeri di Lumezzane (BS) in collaborazione con Vivisol, provider privato di servizi sanitari, dimostra che è possibile spostare sul territorio l’avvio e la gestione della NIV. Pubblicato sulla rivista HealthCare, lo studio ha visto il coinvolgimento di 19 pazienti di età media 71 anni. 

«Il nostro primo obiettivo è stato quello di stabilire la fattibilità di un percorso ibrido ospedale-provider privato per l’adattamento alla NIV e il successivo follow-up – afferma Michele Vitacca, Direttore del dipartimento Pneumologia Riabilitativa degli Istituti Clinici Maugeri e primo autore dello studio. – Il secondo obiettivo è stato quello di valutare la risposta dei pazienti, con particolare attenzione alla capacità e aderenza al protocollo di adattamento a NIV, nonché i cambiamenti clinici e funzionali dopo 3 mesi». In entrambi i casi le risposte sono state positive.

Schema dello studio e degli interventi

Nello studio pubblicato la fase di adattamento al sistema di ventilazione adottato è avvenuta o in ospedale (84%) o in setting ambulatoriale (16%), a seconda della comodità del paziente. In entrambi i casi è intervenuto direttamente il team Vivisol che ha configurato il ventilatore, stabilito il flusso di ossigeno e selezionato il tipo di interfaccia più comodo per il paziente, oltre a istruire il paziente stesso sull’uso autonomo del dispositivo.

Dal giorno successivo le dimissioni è partito il monitoraggio che si compone di:

  • almeno 3 valutazioni settimanali dei progressi del paziente;
  • una chiamata telefonica bisettimanale, affiancata da chiamate extra in caso di problemi tecnici o scarsa aderenza al piano di cura personalizzato;
  • 2 visite fisse che possono salire a 3 o 6 a seconda delle esigenze del paziente;
  • cambiamenti nel setting del NIV in base alla decisione del pneumologo;
  • eventuali altri esami di approfondimento, se necessari, effettuati da tecnici o infermieri;
  • un continuo rapporto tra pneumologo in ospedale e team domiciliare per condividere le informazioni importanti.

I risultati del lavoro

Il primo risultato interessante riguarda il tempo richiesto per il follow up di ogni paziente nei 3 mesi di studio, ovvero in media 17,25 ore in ospedale e 26 ore al domicilio, facendo la somma di tutti i professionisti coinvolti. Il fisioterapista è stato senza dubbio la figura che ha lavorato di più, come è giusto che sia in questi casi clinici. Per quanto riguarda i costi del servizio, in media si sono spesi 945 ± 142 euro per paziente, un 56% in ospedale e un 44% sul territorio.

Il sistema di monitoraggio consente di individuare i pazienti che non aderiscono al protocollo stabilito, primo passo per capire se ci sono problemi e risolverli. I pazienti in generale si sono detti soddisfatti del servizio, avendo osservato miglioramenti soprattutto nella qualità del sonno e alto comfort con la ventilazione.

Dati questi esiti, il professor Vitacca aggiunge: «questo modello di assistenza, accolto con favore da parte dei pazienti, ha il potenziale di mitigare gli oneri e i disagi legati all’ospedalizzazione, soprattutto per coloro che abitano in aree geografiche remote. Sulla base di questo studio pilota, il modello ibrido ospedale-provider per l’adattamento della NIV e il follow up di 3 mesi ha dimostrato di essere fattibile, valido, affidabile e accettabile, e di portare a dei miglioramenti notevoli dal punto di vista funzionale e clinico». Per questo si pensa di ripetere uno studio più ampio. Perché il sistema funzioni occorre però tenere conto di alcuni elementi cruciali.

Elementi necessari per il successo del protocollo pubblico-privato

Il primo aspetto, e forse il più importante, è selezionare i pazienti che possano davvero trarre vantaggio da questo monitoraggio da remoto, lasciando che gli altri vengano seguiti nel modo più tradizionale. In secondo luogo, il paziente deve essere seguito da un’équipe multidisciplinare, all’interno della quale ogni soggetto deve avere compiti ben precisi e definiti. Inoltre, ci sono considerazione di carattere tecnico: il sistema di monotoraggio deve consentire di fare valutazione sulla compliance del paziente.

Da ultimo, il controllo della gestione del paziente deve restare in carico all’ospedale, mentre il provider ha per lo più un ruolo operativo.

Studio: Vitacca, M.; Asti, G.; Fiorenza, D.; Steinhilber, G.; Salvi, B.; Paneroni, M. Hospital–Provider Company Network for Home Non-Invasive Ventilation: A Feasibility Pilot Study. Healthcare 2024, 12, 328.