Efficacia delle app nella riabilitazione post ictus

L’e-health è sempre più diffusa e interessa la gran parte delle specialità mediche e riabilitative, per le quali sono state sviluppate mobile app di vario tipo, capaci di sostenere i pazienti nel proprio percorso di cura e di metterli in contatto con il proprio team terapeutico in caso di bisogno.

Non tutte le mobile app presenti sul mercato, però, sono state validate come dispositivi medici, il che ci ricorda che c’è ancora molto da fare in questo settore.

Numerosi gli studi in letteratura focalizzati su usabilità ed efficacia di mobile app: di recente, per esempio, un team canadese ha deciso di revisionare quelli incentrati su app per la riabilitazione di pazienti con stroke, una delle patologie croniche più impattanti sulla vita delle persone e sui sistemi sanitari.

In Italia l’ictus cerebrale colpisce ogni anno più di 200.000 persone, la maggioranza delle quali sopravvive, portandosi dietro una serie di disabilità che richiedono un lungo e intenso percorso riabilitativo per essere trattate e migliorate.

Le linee guida dell’American Heart Association e del Canadian Stroke Best Practices parlano di 3 ore di riabilitazione al giorno per 5 giorni la settimana, divise a seconda delle esigenze specifiche del paziente tra riabilitazione motoria, terapia occupazionale e terapia cognitiva. 15 ore la settimana che i sistemi sanitari spesso faticano a offrire in presenza, vuoi per carenza di spazi e di personale.

Le mobile app, insieme alla teleriabilitazione, rappresentano quindi una possibile soluzione. Ma funzionano? Secondo questa revisione, pubblicata su “Journal of NeuroEngineering and Rehabilitation”, c’è molto potenziale, ma occorre sviluppare questi strumenti meglio, perché rispondano a specifiche esigenze dei pazienti.

Basato su 29 studi, dei quali 11 randomizzati controllati e 18 quasi-sperimentali, il lavoro mappa in tutto 5 tipologie di app dedicate ai pazienti con stroke: terapeutiche, educative, riabilitative con video, di remind e basate su video e remind insieme. L’intento è capire se queste app supportino il miglioramento di deficit motori, l’aderenza alla terapia giornaliera, le attività quotidiane, la qualità di vita, la depressione e l’ansia.

Infine, gli autori si chiedono se questi strumenti possano essere considerati utili alla prevenzione secondaria. Come spesso accade, la revisione non riesce a fornire risposte a tutti i quesiti che si pone, banalmente perché alcune tematiche sono meno trattate di altre dagli studi già presenti in letteratura. Per esempio, sono pochi i lavori che valutano l’efficacia delle app sull’aderenza terapeutica e sulla prevenzione secondaria, così come sugli aspetti più psico-emotivi, come depressione, ansia e qualità di vita.

Ci sono quindi lacune da colmare. Tuttavia, gli autori riescono a fornire alcune indicazioni utili tanto nella pratica clinica, quanto per futuri sviluppi di nuove app: sembrerebbe che le più efficaci siano quelle che mimano una sessione in presenza e quelle che forniscono informazioni di carattere educativo.

Utili, per esempio, le richieste di svolgere un compito specifico, di seguire un ritmo preciso, di fornire un feedback, così come le stimolazioni sensoriali, interazioni sociali, l’interattività, la ripetizione, l’apprendimento sociale e l’esercizio pratico. La revisione è stata condotta da ricercatori dell’Università di Toronto e del Hennick Bridgepoint Hospital, con la partecipazione dell’Università di Calgary.

(Lo studio: Szeto, S.G., Wan, H., Alavinia, M. et al. Effect of mobile application types on stroke rehabilitation: a systematic review. J NeuroEngineering Rehabil 20, 12 (2023). https://doi.org/10.1186/s12984-023-01124-9)