Uno dei sintomi più comuni della sclerosi multipla è il senso di spossatezza fisica e mentale, fuori scala rispetto alle attività svolte.
Questa sensazione colpisce quasi l’80% dei pazienti, limitandone la quotidianità, e di rado trova soluzione nelle cure farmacologiche disponibili.
Al contrario, spesso questi farmaci danno effetti collaterali anche gravi.
Per colmare questo vuoto, un team dell’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del CNR (CNR-ISTC) ha ideato un caschetto per la neuromodulazione dell’attività cerebrale capace di ricostituire la comunicazione tra le aree coinvolte nella produzione del senso di fatica.
Il caschetto lavora in modo personalizzato su ogni paziente attraverso stimolazioni transcraniche, in modo del tutto non invasivo.
Il percorso di cura prevede 5 minuti di stimolazione al giorno per 15 giorni, da effettuare anche a casa.
Secondo gli autori dello studio (Porcaro, C., Cottone, C., Cancelli, A. et al. Cortical neurodynamics changes mediate the efficacy of a personalized neuromodulation against multiple sclerosis fatigue. Sci Rep 9, 18213 (2019) doi:10.1038/s41598-019-54595-z), il trattamento ha avuto esiti positivi su circa 2/3 dei pazienti coinvolti, con effetti che possono durare fino a due mesi.
Lo studio ha utilizzato la dimensione frattale per studiare a fondo la dinamica delle aree cerebrali.
Franca Tecchio, ricercatrice del CNR-ISTC, ha spiegato: «in neurodinamica abbiamo osservato che la dimensione frattale riesce a misurare adeguatamente le variazioni dell’organizzazione di una certa regione corticale.
Abbiamo studiato il comportamento delle regioni dedicate al controllo dei movimenti della mano destra e sinistra e alle percezioni tattili e propriocettive dalle due mani mediante un algoritmo che cerca le regioni del nostro cervello sfruttando una loro impronta digitale funzionale (Functional Source Separation, FSS).
In questo modo ci siamo accorti che dopo il trattamento FaReMuS, la neurodinamica della regione somatosensoriale si era normalizzata e che la comunicazione tra le regioni motorie omologhe destre e sinistre era più bilanciata.
Queste migliorie nella comunicazione intracerebrale spiegavano il 48% del miglioramento dell’affaticamento.
Possiamo affermare che un’elettroceutica non invasiva personalizzata sulle specifiche caratteristiche anatomo-funzionali delle regioni compromesse può essere efficace contro la fatica.
Parte dell’efficacia nasce dal ristabilire la comunicazione intra-cerebrale che era tanto più alterata al crescere della fatica».
Nonostante la non omogenea risposta dei pazienti coinvolti al trattamento, l’elettroceutica resta una via non invasiva e una possibile alternativa ai più tradizionali farmaci.
Stefania Somaré