Ematologia, la ricerca clinica accelera grazie al progetto Synthema

Il Centro Clinico Humanitas è il primo ospedale in Italia ad avere un centro di Ricerca sull’intelligenza artificiale integrato che, grazie a Synthema, il progetto del Cancer Center di Humanitas, ha vinto un finanziamento della Commissione Europea di 7 milioni di euro nell’ambito del programma Horizon 2020 per sviluppare nuovi sistemi di analisi dei dati nell’ambito delle malattie ematologiche.

In particolare, Synthema mira a creare un hub internazionale, in cui sviluppare e validare tecniche innovative basate sull’intelligenza artificiale per rendere anonime le informazioni cliniche e biologiche dei pazienti e generare dati sintetici, nel rispetto delle norme sulla privacy, con l’obiettivo di superare la scarsitĂ  e la frammentazione delle informazioni disponibili oggi per la ricerca, nel rispetto del GDPR.

«Le malattie ematologiche derivano da anomalie quantitative o qualitative delle cellule del sangue, degli organi linfoidi e dei fattori di coagulazione», spiega il prof. Matteo Della Porta, responsabile leucemie e mielodisplasie di Humanitas, docente di Humanitas University e coordinatore clinico del progetto Synthema.

«Nonostante la maggior parte di queste malattie sia rara, il numero complessivo di pazienti che ne è affetto in tutto il mondo è importante.
In Italia circa il 20% dei pazienti è affetto da una forma di neoplasia rara. Negli ultimi anni sono sorti numerosi gruppi di ricerca collaborativa a livello nazionale e dell’UE per studiare le malattie ematologiche rare, e tuttavia i progressi della ricerca clinica e traslazionale sono spesso rallentati a causa del numero relativamente basso di pazienti affetti e dalla dispersione delle informazioni in centri clinici e di ricerca non collegati tra loro (e dunque non comunicanti)».

«Il futuro sono i dati sintetici», spiega Victor Savevski, Managing Director AI Center di Humanitas.
«Per ottenerli servono algoritmi capaci di interfacciarsi con le informazioni del paziente reale per creare una copia virtuale, diversa dall’individuo che ha generato quei dati, ma contenente tutte le proprietà cliniche, genetiche, biologiche e statistiche dell’originale. Una specie di avatar, con una dimensione di sicurezza in più: la copia dei dati non viene fatta uno ad uno, a specchio, ma sul gruppo, tenendo anche conto delle relazioni tra i dati. Questi pazienti virtuali non hanno più niente a che vedere con i pazienti reali, è come se ne avessero assorbite tutte le proprietà e relazioni in modo simile ma non uguale».

Queste metodiche all’avanguardia consentiranno di raggiungere obiettivi di salute pubblica, nella tutela della privacy dei pazienti, riducendo significativamente i tempi con cui le scoperte scientifiche di laboratorio vengono messe a disposizione della popolazione.

Viviana Persiani