Le cellule tumorali hanno un metabolismo differente dalle cellule sane di uno stesso tessuto. Questa è un’informazione che medici e ricercatori hanno da tempo, ma che cosa determini questa diversità è ancora in fase di studio.
Uno studio dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, coordinato dal prof. Salvatore Pece, individua un nuovo meccanismo molecolare alla base dell’alterazione del metabolismo delle cellule tumorali dei tumori mammari più aggressivi, alterazione che ne sostiene la crescita incontrollata e la progressione verso malattia metastatica.
CDK12 è la molecola alla base del processo: se over-espressa, porta a una reazione a catena che rende il tumore non solo aggressivo, ma anche resistente alle chemioterapie convenzionali. È bene sottolineare che questa proteina è over-espressa nel 20% di tutti i tumori mammari.
«La presenza di CDK12 a livelli elevati da un lato costituisce la forza motrice della malattia, ma dall’altro», sottolinea il prof. Pece, «diventa un biomarcatore tumorale e un punto di vulnerabilità. Grazie a tale biomarcatore è infatti possibile identificare i tumori da colpire con farmaci anti-metabolici, deprivando così le cellule tumorali dell’energia necessaria per la loro moltiplicazione e costringendole in sostanza a morire di fame».
Si tratta di una strategia già utilizzata in passato: i farmaci anti-metabolici sono stati infatti tra i primi a essere usati per combattere il cancro, in particolare quello alla mammella… poi questa modalità è stata via via abbandonata.
«L’entusiasmo per questi farmaci da parte degli oncologi è progressivamente diminuito», spiega il prof. Pece, «per la mancanza di marcatori per identificare in modo preciso le pazienti in grado di beneficiare selettivamente ed efficacemente di queste terapie. Nei nostri studi abbiamo integrato i dati ottenuti in esperimenti con animali di laboratorio con le analisi retrospettive di diverse coorti cliniche di pazienti con tumore mammario.
I risultati risolvono il problema poiché indicano chiaramente che elevati livelli di CDK12 costituiscono un biomarcatore utilizzabile per selezionare le pazienti da trattare con terapia anti-metabolica utilizzando un farmaco, il metotrexato, già disponibile nella clinica per la cura del tumore mammario».
Si tratta, quindi, di un ulteriore passo per rendere la cura del carcinoma della mammella personalizzata, aumentando le possibilità di successo.
Lo studio, però, aggiunge un altro tassello, come aggiunto da Daniela Tosoni, ricercatrice dello IEO che ha contribuito alla supervisione dello studio: «sia in animali di laboratorio sia in coorti di pazienti abbiamo dimostrato che i tumori con elevati livelli di CDK12 risultano particolarmente sensibili a terapie anti-metaboliche a base di metotrexato anche nel caso di pazienti che abbiano sviluppato resistenza ad altri comuni tipi di chemioterapie, come taxani e antracicline».
Insomma, grazie ai risultati di questa ricerca, è ora possibile passare dal laboratorio alla clinica: una realtà rara, perché di norma una volta individuato un meccanismo interessante o un biomarcatore, occorre sviluppare un farmaco ad hoc, o trovarne uno che funzioni. In questo caso, il farmaco c’è già.
Partiranno quindi certamente studi clinici in grado di confermare o meno l’efficacia del metotrexato nel trattare pazienti con tumore al seno aggressivo e alti livelli di CDK12. Salvatore Pece è professore ordinario di Patologia generale all’Università Statale di Milano e Direttore del Laboratorio Tumori Ormono-Dipendenti e Patobiologia delle Cellule Staminali dello IEO.
Stefania Somaré