La nostra vita è fatta di incontri. Ne è determinata: gli amici, i maestri, tutti quelli che in modo diverso ci insegnano qualcosa determinano chi siamo e come cresciamo. Tutti ricordiamo quanto ci sono mancati “gli incontri” durante il periodo della pandemia. Di fronte a un incontro non si può rimanere indifferenti, si viene provocati, si viene chiamati a mettersi in gioco confrontandosi con altri … o abbandonando il confronto. Questo vale dal punto di vista umano, ma certamente anche dal punto di vista professionale.
Nel nostro lavoro tutti possiamo dire di aver avuto uno o più maestri e, nel bene e nel male, di aver imparato da tutte le persone con le quali ci siamo relazionati nella nostra vita professionale. La pluralità di ruoli, di visioni, di storie rende bella e interessante questa dinamica totalmente umana. Tanto che quando gli incontri non ci sono ne sentiamo la mancanza.
La primavera è normalmente periodo fitto di congressi e convegni. I prossimi mesi ne sono pieni, in fondo … ce n’è per tutti i gusti e, nell’ambito sanitario, sarebbe necessario frequentarne il numero massimo possibile perché da questi momenti di confronto professionale o interprofessionale impariamo e possiamo portare novità e idee all’interno delle istituzioni per le quali prestiamo il nostro lavoro.
Per la “famiglia” degli ingegneri clinici questa situazione diventa ancora più importante, dovendo cercare di comprendere ragioni, tendenze, novità in tutti i settori clinici. Allora ben venga la stagione dei convegni, nei quali incontrarsi, trovare vecchi (o meno vecchi) colleghi e persone con cui si condivide una professione ma soprattutto una vita, tanto che si può ragionevolmente pensare di chiamarli “amici”. Almeno, questo è successo nella mia esperienza lavorativa e mi ha consentito di formare un bagaglio di conoscenze e possibilità di aiuto e condivisione invidiabile.
Prendo questo spazio per parlare del nostro convegno nazionale (quello dell’Associazione Italiana Ingegneri Clinici) dove è molto evidente l’intreccio di competenze, la multidisciplinarietà della sanità, la necessità che tutte le discipline collaborino per garantire un accesso equo ed efficace alla cura per i pazienti del SSN. Ed è anche una possibilità di confronto con il mercato, che spesso per errore teniamo lontano da noi, per ragionare su innovazione, implementazione di nuove tecnologie, di modelli di acquisizione dei beni che i clinici hanno bisogno tutti i giorni. Tre giorni che non bastano mai, ma che ci fanno sempre partire di slancio per affrontare le fatiche dei mesi successivi.
L’invito è, quindi, a partecipare al nostro convegno nazionale, ma in fondo, a mettersi in gioco in un mondo di relazioni che possa far crescere e rendere apprezzabile e meno faticoso il lavoro quotidiano. Perché abbiamo incontrato o incontreremo qualcuno che fa la nostra stessa fatica, cercando di costruire qualcosa di buono e bello.