I polmoni sono organi parenchimatosi, estremamente complessi dal punto di vista strutturale perché al loro interno ospitano miliardi di piccole cavità dove l’aria incontra una fitta rete capillare: si parla degli alveoli, l’unità funzionale del polmone, la sede degli scambi respiratori.
A separare aria e sangue è una sottilissima membrana fatta di tre strati.
Per studiare questi meccanismi e, ancora più, individiare farmaci efficaci contro i diversi virus o batteri, è necessario un modello. Sino a oggi si sono utilizzati modelli animali, ma la sperimentazione farmacologica, così come quella medica, cerca di spostarsi verso modelli umani.

La struttura complessa del polmone rende difficile lo sviluppo di modelli adeguati… ma un team dell’Università Di Scienze e Tecnologia (POSTECH) di Pohang, in Corea del Sud, è riuscito a crearne uno utilizzando la stampa 3D (bioprinting 3D): nel modello, sono riprodotti, strato dopo strato, la struttura e le funzioni della sottilissima membrana che riveste gli alveoli polmonari: lo strato endoteliale esterno, lo strato centrale, composto di una sottilissima membrana basale formata da fibroblasti e collagene, e lo strato esterno, con cellule dell’epitelio polmonare, squamose o cuboidali, a seconda della funzione svolta (Kang, D., Park, J. A., Kim, W., Kim, S., Lee, H.‐R., Kim, W.‐J., Yoo, J.‐Y., Jung, S., All‐Inkjet‐Printed 3D Alveolar Barrier Model with Physiologically Relevant Microarchitecture. Adv. Sci. 2021, 2004990. https://doi.org/10.1002/advs.202004990).

Quanto prodotto dai ricercatori ha uno spessore di 10 micrometri. Vediamo quindi come si è arrivati a questo risultato. La tecnica utilizzata è quella del bioprinting, già usata per stampare altri tessuti e organi umani, tra cui la pelle, la cornea, il fegato…
Si tratta in realtà di una tecnica molto sofisticata, chiamata “biostampa a getto di inchiostro con goccia su richiesta”, che permette di depositare il materiale, goccia dopo goccia, solo in punti ben precisi e non in modo continuo.
Il tutto con velocità e massima risoluzione.
Il modello è stato validato: i ricercatori ne hanno infatti testato la vitalità cellulare, oltre alle caratteristiche istologiche e funzionali, mettendole a confronto con quelle di un modello 2D.

I risultati di questi studi di verifica hanno dimostrato che il nuovo modello è molto più simile al tessuto umano, anche per l’espressione di geni e marcatori associati agli scambi ionici, al trasporto di proteine e alla produzione di surfattante.

Oltre a somigliare maggiormente agli alveoli polmonari umani, il modello sembra anche capace di reagire alle infezioni virali in modo simile al tessuto reale: messa a contatto con un virus da polmonite, la membrana ha risposto con la produzione di interferoni e altre molecole ad azione antivirale, dimostrando di essere reattiva.

Il professor Sunjune Jung, coautore dello studio, ha commentato: «il tessuto artificiale può essere utilizzato come una piattaforma iniziale per valutare l’efficacia di farmaci terapeutici e vaccini contro i virus respiratori, compreso il virus Covid-19».

Stefania Somaré