Insufficienza cardiaca: la telemedicina porta a un maggior uso di servizi sanitari?

Stroke: un supporto virtuale ai caregiver può essere utile?

L’insufficienza cardiaca congestizia è una patologia cronica fortemente legata all’età ed è una delle prime cause di ricovero negli over 65. In Italia colpisce il 2% della popolazione, con una prevalenza che aumenta con l’età, arrivando al 15% negli over 85. Chi soffre di questo scompenso deve essere attentamente seguito dagli specialisti di riferimento ed essere sottoposto a follow-up. Negli ultimi due anni è stata sperimentata la gestione a distanza dello scompenso cardiaco e alcune esperienze hanno evidenziato miglioramenti negli outcome.
Si ritiene, infatti, che la gestione da remoto possa essere più continuativa e fornire maggiori informazioni rispetto alle visite in presenza. Tra gli outcome evidenziati vi sarebbero una riduzione delle ospedalizzazioni e del tasso di mortalità.

Per verificare se questi risultati siano riproducibili, un team canadese ha allestito uno studio di coorte retrospettivo, mettendo a confronto 11,131 coppie di pazienti, formata ognuna da un paziente seguito in telemedicina almeno con due appuntamenti e da uno non esposto, visitato almeno una volta anche di persona.
Gli autori hanno quindi confrontato l’uso di servizi sanitari dei due gruppi, in particolare ospedalizzazione per scompenso cardiaco, ospedalizzazione per malattia cardiaca, ospedalizzazione generale, visita in Pronto Soccorso per qualsiasi ragione, visita dal medico di medicina generale, visite ambulatoriali cardiologiche ripetute, richiesta di esami di laboratorio, esecuzione di test diagnostici toracici e nuove ricette per farmaci.

Il confronto è avvenuto tra i 12 mesi precedenti la visita di partenza dello studio e i 3 successivi, quindi su un totale di 15 mesi. Il primo dato interessante è che entrambi i gruppi hanno ridotto il numero di ospedalizzazioni, visite mediche ed esami richiesti, probabilmente in risposta al fatto di essere già seguiti da medici attenti.
Tuttavia, volendo fare un confronto tra i due gruppi, la telemedicina sembra vincere solo quando si pensa alla riduzione delle visite di medicina primaria. In tutti gli altri casi, è il gruppo di pazienti non esposti a ottenere la riduzione maggiore: è vero per le ospedalizzazioni, per le visite in Pronto Soccorso, per le visite da cardiologi, per i test diagnostici e di laboratorio e per le nuove prescrizioni.

Questo studio suggerisce quindi che l’uso massiccio della telemedicina per seguire pazienti in scompenso cardiaco congestizio porti a un maggior uso di servizi sanitari, rispetto a un iter tradizionale o a basso uso di telemedicina.

Dal momento che l’intento sembrerebbe comunque di estendere l’uso della telemedicina anche in cardiologia, sarebbe quindi utile individuare i modi migliori di utilizzarla. Pubblicato su JMIR Cardio, lo studio ha visto la partecipazione di vari enti sanitari di Toronto: il Women’s College Hospital Institute for Health System Solutions and Virtual Care, la University Health Network, la Leslie Dan Faculty of Pharmacy, l’azienda di informatica sanitaria ICES e la Ontario Health, azienda che coordina il Sistema Sanitario dell’Ontario.

(Lo studio: Chu C, Stamenova V, Fang J, Shakeri A, Tadrous M, Bhatia RS. Title: The association between telemedicine use and changes in healthcare utilization and outcomes in patients with congestive heart failure: a retrospective cohort study. JMIR Cardio. 2022 Jul 21. doi: 10.2196/36442. Epub ahead of print. PMID: 35881831)

Stefania Somaré