INT. Un Comprehensive Cancer Center

Dott CorraoÈ il luogo dove «la ricerca viene contestualizzata sul bisogno clinico e la clinica è immediatamente pronta a sperimentare i prodotti della ricerca», come spiega Vito Corrao (nella foto), direttore sanitario della Fondazione Irccs Istituto Nazionale dei Tumori di Milano che in questa intervista spiega com’è cambiato l’approccio alla patologia.

Vito Corrao, classe 1955, si è laureato in Medicina e Chirurgia, per poi specializzarsi in Tisiologia e Malattie dell’Apparato Respiratorio e in Igiene e Medicina Preventiva. Successivamente ha conseguito il Certificato di Formazione Manageriale in sanità pubblica. Prima di approdare all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano ha ricoperto il ruolo direttore sanitario dell’Azienda Ospedaliera Fatebenefratelli e Oftalmico e Macedonio Melloni di Milano e in seguito presso questa stessa struttura ha anche svolto la funzione di direttore generale. Dal gennaio 2003 al 2006 è stato direttore generale dell’Istituto Ortopedico Gaetano Pini di Milano, per poi ricoprire fino al 2007 l’incarico di direttore generale dell’Ospedale San Giuseppe di Milano. Dal 2008 al 2011 ha svolto il ruolo di direttore sanitario degli istituti Milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio di Milano. Dal febbraio del 2011 è direttore sanitario dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.

Cosa conserva delle sue precedenti esperienze professionali?
«Ciascuna esperienza lavorativa fin dall’esordio della mia vita professionale ha contribuito in maniera significativa alla mia formazione. A partire dall’incarico di medico penitenziario e poi di direttore sanitario del Centro Clinico del Carcere di San Vittore, all’esperienza di direttore generale presso le aziende ospedaliere milanesi – Il Fatebenefratelli, il Gaetano Pini, l’Ospedale San Giuseppe – oltre a quelle come direttore sanitario del Pio Albergo Trivulzio, fino ad approdare oggi all’Istituto dei Tumori, ogni incarico mi ha arricchito. In sintesi, reputo il bilancio della mia vita professionale molto positivo: mi ha dato l’opportunità di conoscere e utilizzare al meglio i miei punti di forza e allo stesso tempo di fare emergere quelli di debolezza per impegnarmi e imparare a superarli, coniugando ciò che si può fare con ciò che si sa fare».

Per chi come lei, in passato, è stato sia direttore generale, sia direttore sanitario, con quale spirito e sensibilità svolge il suo attuale incarico?
«L’esperienza di direttore generale mi ha dato la possibilità di sviluppare competenze gestionali, caratteristiche che ritengo mi consentano di svolgere l’attuale incarico con la sensibilità e la concretezza necessarie per trovare il giusto equilibrio tra etica professionale ed etica aziendale orientata a realizzare la migliore salute al minor costo possibile».INAUGURAZIONE DELL'AULA DI INFORMATICA DEDICATA AI PICCOLI DEGENTI

Come definirebbe, in sintesi, la Fondazione Irccs Istituto Nazionale dei Tumori di Milano?
«Un luogo dove il bisogno trova una risposta puntuale non solo dal punto di vista clinico ma anche per la cura e l’attenzione che viene dedicata ai pazienti. L’Istituto offre un servizio ai massimi livelli grazie alla capacità di creare innovazione nella ricerca e nella cura contro il cancro, così come nel campo dell’organizzazione e della gestione dei servizi sanitari. Le procedure per garantire la massima qualità sono costantemente aggiornate in linea con i più elevati standard europei previsti per i Comprehensive Cancer Centers. Oltre a essere un luogo di ricerca e di cura è un centro di riferimento per la formazione in campo oncologico».

L’European Neuroendocrine Tumor Society (Enets) ha giudicato l’Int tra i migliori 10 centri in Europa in questo campo: a suo avviso, cosa ha prevalso in questo giudizio?
«L’approccio multidisciplinare nell’offerta delle cure, la capacità di presa in carico globale e la volontà di porre il paziente al centro di un percorso che va dalla ricerca, alla diagnosi, dalla terapia fino all’assistenza e al supporto psicologico».

Il lavoro di direttore sanitario in una struttura complessa com’è l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano è molto articolato: come si svolgono le sue giornate?
«Pianificando progetti, controllandone lo stato di attuazione e verificandone costantemente il corretto sviluppo al fine di orientare l’eccellenza dell’Istituto verso quella crescita alla quale un centro di riferimento internazionale come il nostro deve puntare».

L’attività di un Irccs coinvolge l’area di assistenza e cura, ma anche quella della ricerca: come convivono queste due realtà anche nella quotidianità di chi opera all’interno dell’Int?
«Convivono con un effetto di complementarietà e reciproca influenza per cui la ricerca viene “contestualizzata” sul bisogno clinico e la clinica è immediatamente pronta a sperimentare i prodotti della ricerca. Un processo di dialogo continuo: i risultati della ricerca scientifica vengono trasferiti al letto del paziente e, allo stesso tempo, i clinici raccolgono informazioni che trasferiscono ai ricercatori. Un proficuo e continuo scambio che permette di raggiungere i migliori risultati nel minor tempo possibile».

“Dare senso al tempo” è uno degli obiettivi di un laboratorio artistico promosso dalla Lilt fin dagli anni Ottica presso l’Int: è una preoccupazione questa anche di tipo clinico? In altre parole, com’è cambiato l’approccio alla malattia in questi ultimi anni?
«Credo che nel corso degli anni si sia andati sempre più nella direzione di un approccio olistico comprendendo l’importanza di una presa in carico del malato globale. Oggi le terapie non possono più prescindere dall’attenzione alla persona e per questo le cure sono sempre più integrate. Gli aspetti psicologici oltre che clinici concorrono al successo terapeutico».

Come stanno cambiando invece in senso stretto le cure oncologiche? E i pazienti, che percezioni hanno della malattia e delle terapie oggi disponibili?
«Oggi i pazienti in generale e soprattutto quelli oncologici seguono con grande attenzione l’evoluzione della scienza e della ricerca e cercano in questo una speranza al senso di incertezza nel futuro che è generato dalla diagnosi di cancro. Il concetto di terapia mirata, di analisi molecolari, per esempio, sono sempre più discussi nei colloqui con i medici e la ricerca di una cura “personalizzata” è all’ordine del giorno. Per questo motivo è importante poter dedicare tempo al colloquio con i malati nel momento della discussione del piano di cura: ci sono spesso molti concetti difficili da spiegare e purtroppo vi è anche tanta informazione “spazzatura” che in molti casi i pazienti trovano sul web».

Quale sarà il futuro dell’Int, anche in relazione alla diversa struttura che il Ssn quasi certamente assumerà nei prossimi anni?
«L’Italia non può non andare verso la progressiva concentrazione delle prestazioni di alta complessità nelle realtà più performanti. In questo scenario, l’Istituto con l’inscindibilità delle sue due anime, quella clinica e quella della ricerca, sarà sempre più il Comprehensive Cancer Center da scegliere».

Qualche notizia sull’INT
Fondato nel 1925 come Ente morale con il nome di Istituto Nazionale Vittorio Emanuele III per lo studio e la cura del cancro, l’Istituto Nazionale dei Tumori inizia ad operare nel 1928, mentre nel 1939 viene riconosciuto come Istituto a Carattere Scientifico, assumendo lo status di Fondazione nel 2006. L’Organizzazione Europea dei Cancer Center (Oeci) lo ha classificato al massimo livello come Comprehensive Cancer Centre. L’Istituto è anche il maggior polo di oncologia pediatrica in Italia e il secondo in Europa, nonché l’unico Centro per la cura dei tumori nel nostro Paese autorizzato al trapianto di fegato.
L’Istituto è centro di riferimento per i Tumori Nuroendocrini. La certificazione è stata conferita nel 2010 dall’European Neuroendocrine Tumor Society (Enets), la più importante società scientifica europea per lo studio e la cura di questi tumori, che ha giudicato l’Istituto Nazionale dei Tumori tra i migliori dieci centri in Europa in questo campo. Inoltre, l’Istituto è uno dei due enti italiani a far parte del consorzio Worldwide Innovative Networking (WIN) in personalized cancer medicine che comprende importanti istituti di tre continenti ed è coordinato da due prestigiosi centri oncologici, lo statunitense MD Anderson di Houston (Texas) e il Gustave Roussy di Parigi.
Attualmente all’interno dell’Int sono in corso 358 progetti di ricerca clinica (con 150 ricercatori aggiunti, oltre ai clinici in forza già impegnati nella cura e nella ricerca), molti dei quali sono studi multicentrici realizzati in collaborazione con i più prestigiosi centri oncologici internazionali. L’approccio alla patologia (vengono curati tutti i tipi di malattia neoplastica – anche i tumori più rari – compresi quelli della base cranica, salvo il trattamento chirurgico delle neoplasie del sistema nervoso centrale) è di tipo multidisciplinare: dalla chirurgia oncologica a quella ricostruttiva, dai sistemi più aggiornati di diagnosi per immagini alla radioterapia e alla chemioterapia, dal trapianto di fegato alla terapia palliativa e del dolore.
All’Istituto Nazionale dei Tumori è stato assegnato il coordinamento nazionale della Rete per i tumori rari e la Regione Lombardia ha affidato all’Istituto il ruolo di ente attuatore della Rete Oncologica Lombarda.
Nel corso del 2013 presso l’Int sono stati effettuati quasi 20mila ricoveri, di cui oltre settemila in Day Hospital, per un totale di oltre 1milione e 200mila prestazioni delle quali 767.688 di laboratorio.
Nel 2012 all’interno dell’Int sono stati approvati 143 studi clinici, molti dei quali in collaborazione con i migliori centri oncologici nazionali ed esteri. Nessun altro centro oncologico nazionale, pubblico o privato, firma un numero di pubblicazioni scientifiche pari a quelle prodotte dall’Istituto dei Tumori di Milano, salito da 275 nel 2001 a 518 nel 2012, con un “impact factor” che in 10 anni è più che raddoppiato passando da 1215 del 2001 a 2519 punti nel 2012.

Pierluigi Altea