Le cisti pancreatiche non sempre si trasformano in tumori al pancreas eppure non esiste uno strumento semplice per comprenderne lo sviluppo e ciò comporta che a volte alcune cisti vengano sottostimate e si sviluppano poi in tumore e che, in altri, si intervenga per via chirurgica anche quando non necessario.
Uno studio multicentrico e internazionale, capitanato dal John Hopkins Kimmel Cancer Center di Washington, ha infatti portato allo sviluppo di un test che sfrutta l’intelligenza artificiale per discernere tra cisti benigne e maligne.
Allo studio hanno partecipato anche realtà italiane e, in particolare, il Centro di Ricerca ARC-Net dell’Università di Verona, l’Irccs San Raffaele di Milano e l’Ospedale Sacro Cuore-Don Calabria di Negrar (VR).
Più nel dettaglio, la machine learning ideata nel corso dello studio utilizza dati clinici macroscopici, l’imaging e informazioni molecolari relative alla cisti del paziente, in particolare alterazioni biochimiche e genetiche nel tessuto o nel fluido della cisti stessa, per determinarne la natura.
Compcyst, così è stato chiamato il test, è stato utilizzato su 436 pazienti con cisti pancreatiche per suddividerli in 3 gruppi: quelli che necessitavano di essere operati, quelli che dovevano essere monitorati e, infine, quelli che non necessitavano di ulteriore sorveglianza.
Poi lo stesso test è stato applicato a 862 cisti pancreatiche rimosse chirurgicamente e analizzate con biopsie per verificarne l’attendibilità.
I risultati hanno mostrato che Compocyst è molto affidabile nel riconoscere le cisti benigne, consentendo di evitare interventi chirurgici inappropriati.
Ora è necessario capire come si comporta il test su un campione più ampio di pazienti, oltre che studiarne gli esiti sul lungo periodo.
Stefania Somarè