Una delle complicanze più comuni degli interventi chirurgici è l’ipotermia: colpisce tra il 50% e 90% dei pazienti. Per affrontare il tema la Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva (Siaarti) ha stilato il documento “Buone Pratiche Cliniche” per istruire i professionisti a mantenere la normotemperatura durante gli interventi chirurgici. La società scientifica ha inoltre condotto un survey per capire lo stato dell’arte nelle diverse regioni italiane.
Ecco i dati relativi all’Emilia Romagna: raramente si misura la temperatura corporea prima dell’ingresso in sala operatoria; una volta in sala, in circa il 61% dei casi si monitora l’andamento della temperatura del paziente operato. Solo il 28% degli ospedali di questa Regione hanno un protocollo specifico per prevenire l’ipotermia e il monitoraggio perioperatorio dei pazienti.
Stefania Taddei, anestesista rianimatore presso l’Ausl di Bologna, spiega: «il 32% dei professionisti indica la non disponibilità di sistemi idonei soprattutto per i pazienti sottoposti ad anestesia loco-regionale, mentre il 30% dichiara che non vi è interesse per la misurazione della temperatura. Infine, quasi la metà delle strutture ospedaliere non ha attivato le PACU (Post Anesthesia Care Unit), aree di stazionamento post operatorie dove anche il monitoraggio della temperatura e l’obiettivo 36C° deve essere ottenuto prima di trasferire il paziente in reparto».
L’Emilia Romagna comunque non è sola: dai dati della survey emerge una generale disorganizzazione e non preparazione al tema della normotermia.
Stefania Somaré