Si è svolto nei giorni scorsi il congresso annuale della Società Europea di Cardiologia, che come ogni anno ha assegnato il premio Young Investigator Award: a riceverlo è stato il dottor Rocco Antonio Montone, dirigente medico della UOC di Cardiologia Intensiva della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma.
Montone ha meritato il riconoscimento grazie alla ricerca “Macrophage infiltrates in coronary plaque erosion portend a worse cardiovascular outcome in patients with acute coronary syndrome”, svolta in collaborazione con il Queen Elizabeth Hospital di Birmingham (UK).
Supervisori dello studio sono stati i prof. Filippo Crea e Giampaolo Niccoli, entrambi docenti dell’Università Cattolica e cardiologi del Policlinico Gemelli.
Lo studio ha il merito di avere indagato per la prima volta il ruolo dei macrofagi nell’erosione della placca aterosclerotica, evento alla base di un caso su tre di sindrome coronarica acuta.
Nel dettaglio, gli autori hanno valutato la presenza di macrofagi infiltrati in una placca causa della sindrome con la tomografia a coerenza ottica, che permette di valutare la placca dal vivo.
Si è visto che su un campione di 153 pazienti, il 33,3% presentava infiltrazioni di macrofagi, associati per di più a maggiori caratteristiche di malignità, come presenza di un cappuccio fibroso più sottile, maggiore presenza di trombi o elevato contenuto lipidico della placca stessa.
Questi stessi pazienti si sono dimostrati a maggior rischio di mortalità cardiovascolare e a rischio di sottoporsi a rivascolarizzazione mediante angioplastica.
Ha spiegato il dott. Montone: «la presenza d’infiltrato macrofagico nella placca “colpevole” rappresenta un nuovo fattore di rischio indipendente per eventi cardiovascolari e si associa a una tipologia di sindrome coronarica acuta più aggressiva e a una prognosi a lungo termine peggiore.
Nell’era della medicina di precisione questa scoperta è di grande importanza perché dimostra che la presenza di infiltrato macrofagico consente di individuare i pazienti a maggiore rischio cardiovascolare, che richiedono un approccio più aggressivo in prevenzione secondaria e un più attento follow-up clinico».
Come conseguenza di questa scoperta, è verosimile che le metodiche di imaging coronarico saranno sempre più usate per caratterizzare le placche dei pazienti e quindi stratificarne il rischio.
Stefania Somaré