Uno studio pubblicato su JAMA (Chan MTV, Wang CY, Seet E, et al. Association of Unrecognized Obstructive Sleep Apnea With Postoperative Cardiovascular Events in Patients Undergoing Major Noncardiac Surgery. JAMA. 2019;321(18):1788.1798) ha individuato nell’apnea ostruttiva notturna (OSA) non riconosciuta un forte fattore di rischio per lo sviluppo di complicanze cardiache postoperatorie entro i 30 giorni da un intervento maggiori di natura non cardiaca.
I ricercatori hanno preso in considerazione 1218 pazienti operati in 8 strutture di 5 Paesi tra il 2012 e i 2017, tutti privi di diagnosi di apnea notturna. Tutti sono stati quindi sottoposti a esami per valutare la presenza di OSA, classificata come lieve in presenza di un indice di eventi respiratori compreso tra 5 e 14,9, moderata per l’intervallo di REI tra 15 e 30 e severa se questo valore supera i 30 eventi l’ora.
Le complicanze postoperatorie prese in considerazione sono state principalmente: danno al miocardio, morte cardiaca, insufficienza cardiaca, tromboembolia, fibrillazione atriale e ictus.
Le analisi statistiche hanno evidenziato che il 30,1% dei pazienti con OSA severo vanno incontro a danni del miocardio, in confronto al 22,1% dei pazienti con un OSA medio, il 19% dei pazienti con lieve OSA e il 14,2% di pazienti senza questo disturbo.
Nonostante queste percentuali, però, solo la presenza di OSA grave si associa positivamente agli eventi avversi di natura cardiologica. Bisogna ora capire quali tipologie di intervento sul disturbo ostruttivo possono incidere su questo rischio.
Stefania Somaré