Legge Gelli-Bianco: permangono criticità nell’implementazione e deficit di trasparenza

Lo studio, condotto dall’Università degli Studi dell’Aquila con la Fondazione Sanire, ha evidenziato significative lacune nell’attuazione della cosiddetta legge Gelli-Bianco, n.24 del 2017. La ricerca ha messo in luce che solo una Azienda Ospedaliera universitaria su tre pubblica in Italia la relazione annuale consuntiva sugli eventi avversi.

La trasparenza con riguardo alle informazioni dedicate alle coperture assicurative è ancora di là da venire per la maggior parte delle strutture sanitarie italiane.

È quanto emerge dallo studio condotto dall’Università degli Studi dell’Aquila con Fondazione Sanire – presentato a Roma nel corso del convegno “Luci e ombre nell’applicazione della legge Gelli-Bianco: partiamo dai numeri”, ospitato presso il Museo del Ninfeo di Fondazione ENPAM, patrocinato dall’Università degli Studi dell’Aquila, da FNOMCEO e dalla Società Italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni –, che ha analizzato lo stato di attuazione della legge n.24/2017 da parte di 97 AO pubbliche nel periodo 2017-2023.

In particolare, l’indagine si è focalizzata sui principali obblighi previsti dalla legge e cioè quelli relativi alla pubblicazione annuale delle informazioni su: eventi avversi, risarcimenti erogati e coperture assicurative adottate da parte delle aziende sanitarie.

Emerge una complessiva disomogeneità

La legge Gelli-Bianco recante “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie” entrata in vigore il 1° aprile 2017, ha come tema centrale la responsabilità medica.

Ciò nonostante, a 7 anni dalla sua istituzione, la sua implementazione appare fortemente disomogenea. Tra le principali criticità, la pubblicazione delle relazioni annuali consuntive sugli eventi avversi.

In linea generale negli anni si è registrato un lieve miglioramento, con un aumento delle pubblicazioni in particolare da parte delle AOU, passate dal 2017 al 2023 dal 24,14% al 34,48%; a fronte di questo dato parzialmente incoraggiante, altre strutture hanno mostrato un calo preoccupante. È il caso, per esempio, delle ASST della Lombardia, crollate dal 46,15% del 2017 ad appena il 19,23% del 2023.

Risarcimenti e assicurazioni

Con riguardo a sinistri liquidati e assicurazioni, anche in questo caso la situazione evidenzia una variabilità. A sperimentare un aumento nel 2019 sono state AOU, ASST e IRCCS. Al contrario, le AO hanno sperimentato un picco nel 2022.

Per quanto concerne l’ammontare dei sinistri, dagli 80 milioni di euro del 2018 l’importo è raddoppiato nel 2019 con un picco di 160 milioni. Il 2020 e 21 hanno visto scendere la cifra sotto i 140 milioni di euro, per poi risalire a 170 milioni di euro nel 2022. L’impatto sulle aziende è stato tuttavia complessivamente contenuto, con una media che passa dallo 0,52% per le ASST all’1,19% per le AO.

Sfatare false narrazioni

«Ciò che più colpisce della ricerca promossa dalla Fondazione è il dato rassicurante sull’incidenza economica dei risarcimenti: mediamente, si tratta di percentuali marginali, ben lontane dal compromettere la stabilità finanziaria delle strutture o l’erogazione dei LEA.

Anzi, risarcire i danni cagionati da eventi avversi evitabili rappresenta un atto di giustizia sostanziale e di attuazione del diritto alla salute, in linea con il principio di solidarietà stabilito dalla nostra Costituzione», ha commentato Gabriele Chiarini, avvocato, presidente della Fondazione Sanire.

«Le riflessioni medico legali sui dati emersi evidenziano che non è il risarcimento dei sinistri legati a una eventuale responsabilità sanitaria a mettere in crisi un sistema già sotto stress per altri motivi; ciò che incide è la narrazione circa i supposti immani costi di questo problema», ha spiegato Franco Marozzi, medico legale, vicepresidente della SIMLA e presidente del Comitato Scientifico della Fondazione Sanire.

«Questa pressione si è riverberata nei confronti del personale medico, contribuendo ad aumentare quella medicina difensiva che è stimata dai più come estremamente costosa ma sulla quale risultano mancanti delle indagini di carattere scientifico di caratura adeguata.

Certo, il problema della responsabilità professionale è un tema spinoso che coinvolge i pazienti eventualmente danneggiati ma anche i medici che soffrono sia delle accuse pretestuose, sia del peso del possibile errore. E non esito, anche nella mia veste istituzionale, a metterli sullo stesso piano che, peraltro, è l’unico modo per affrontare con equilibrio un tema così delicato e che vede noi, specialisti in medicina legale, tra gli interpreti principali del contenzioso su queste basi».

Diffusa inosservanza degli obblighi

A concorrere a una situazione di complessiva opacità, la mancanza di informazioni relative alle coperture assicurative: il 47,92% delle strutture non ha pubblicato informazioni in merito.

Tra le strutture che hanno adempiuto all’obbligo di legge, il 44,79% utilizza polizze assicurative tradizionali a fronte di un 7,29% che adotta un regime di autoassicurazione.

«Per rendere effettivo il diritto alla trasparenza è necessario garantire tempestività e qualità dei dati da pubblicare. Esigenza colta anche in ambito sanitario in occasione della recente adozione nel 2024 della “Carta dei diritti per la sicurezza del paziente” da parte dell’OMS, iniziativa che intende promuovere sia la cultura della sicurezza, l’equità, la trasparenza e accountability all’interno dei sistemi sanitari, sia l’empowerment dei pazienti affinché partecipino attivamente al proprio percorso di cura come partner attivi e attenti al rispetto del proprio diritto a cure sicure», ha concluso Vincenzo Antonelli, professore associato di Diritto Amministrativo presso l’Università degli Studi dell’Aquila e Coordinatore del Comitato Scientifico di Fondazione Sanire.