Libro bianco Fondazione Onda, dalla medicina di genere alla medicina di precisione

Il concetto di medicina di genere prende le mosse dall’idea che le differenze tra uomini e donne, nell’ambito della salute, siano ascrivibili non solo alla loro caratterizzazione biologica e alla funzione riproduttiva ma anche a fattori ambientali, socio-relazionali, economici e culturali che connotano i diversi generi.
La diversità di genere si palesa, infatti, nei comportamenti, nello stato e nel vissuto di salute nonché nel ricorso a servizi di prevenzione sanitaria, di diagnosi e di cura.

Molte malattie comuni a uomini e donne si manifestano in modo diverso in termini di incidenza, sintomatologia ed evoluzione clinica, così come i farmaci utilizzati mostrano una differente efficacia, sicurezza e tollerabilità nei due generi.
La prima a parlare di differenze di genere fu la cardiologa americana Bernardine Healy, la quale all’inizio degli anni ‘90 denunciò la disparità di trattamento delle donne e i conseguenti esiti peggiori.
Da allora sono stati indagati molti altri ambiti specialistici, come la psichiatria, l’oncologia, l’infettivologia ecc.

I più recenti studi sul tema hanno evidenziato, per esempio, che le donne soffrono di depressione 2-3 volte più degli uomini e non solo a causa di fattori biologici quali il ciclo ormonale e l’effetto degli estrogeni, ma anche per fattori di natura sociale, come il multitasking femminile che le vede alle prese con lavoro, casa, figli e conseguente stress di genere.

Al contrario, le malattie cardiovascolari sono più presenti nel genere maschile, con un’incidenza del 4,9% rispetto al 3,5% del genere femminile; inaspettatamente, però, le stesse rappresentano la prima causa di morte nelle donne, con una percentuale del 48%, contro il 38% degli uomini.
La ragione di ciò va ricercata nel maggiore impatto che hanno sulle donne alcuni fattori di rischio, come il fumo e il diabete.
Sebbene le donne fumino in media meno degli uomini (14,9% contro 24,8%), a loro basta un terzo delle sigarette fumate rispetto all’uomo per avere lo stesso rischio cardiovascolare.
Inoltre, la donna con diabete presenta un rischio cardiovascolare superiore del 44% rispetto a quello di un uomo con il medesimo scompenso glicemico.

Analogamente, va segnalata la prevalenza femminile di malattie autoimmuni ed endocrine: da 2 a 50 volte superiore rispetto agli uomini.
Ancora: è accertato che depressione e stress riconducibili al nuovo ruolo sociale della donna concorrono ad aumentare il rischio di malattie cardiovascolari.
Quanto alle patologie oncologiche, il sistema immunitario femminile si presenta invece più reattivo, garantendo migliori outcome terapeutici.

Questi sono solo alcuni dei dati contenuti nel libro bianco “Dalla medicina di genere alla medicina di precisione”, realizzato dalla Fondazione Onda con il supporto di Farmindustria e presentato a Roma.

«Il divario nel mondo del lavoro si sta progressivamente riducendo, anche se, anche in questo contesto permangono differenze significativa», ha affermato Francesca Merzagora, presidente della Fondazione Onda.
«Il 27% delle denunce di malattia riguarda le donne e la quasi totalità è riconducibile a problemi osteoarticolari; gli infortuni sul lavoro interessano per lo più gli uomini: 67,1% contro un 32,9% delle donne.
Altri temi che interessano la medicina di genere sul lavoro riguardano i dispositivi di protezione individuale, la diversa sostenibilità delle sostanze chimiche o le diversità in termini di reazione allo stress da lavoro.
Tuttavia, la medicina di genere non è una nuova branca della medicina, ma più semplicemente un diverso approccio che va applicato a tutte le branche della medicina.
Il volume presentato affronta la questione in diversi ambiti: clinico, farmacologico, accademico sanitario e sociale. Pubblicarlo nell’anno di emanazione del Piano per l’applicazione e la diffusione della medicina di genere è motivo di grande soddisfazione.
Equità di accesso alle cure e sostenibilità del SSN prevedono che uomo, donna e bambini vengano considerati nella loro specificità», ha concluso Merzagora.

In questa occasione, l’Onorevole Rossana Boldi, vicepresidente della Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati, ha ricordato quanto l’Italia sia all’avanguardia su questo tema.
L’aver compreso l’importanza della diversità tra i generi nell’incidenza delle patologie, unitamente alla ricerca sulle malattie rare e a quella genetica e molecolare, ci stanno facendo fare grandi passi verso la medicina di precisione.

«La medicina di genere ha aperto una finestra sulle terapie personalizzate che rappresentano il futuro, in cui sia possibile garantire una qualità della vita migliore. Mettere al centro il paziente vuol dire infatti riconoscerlo nella sua unicità».

Un plauso all’iniziativa è arrivato anche dalla senatrice Paola Boldrini, membro della Commissione Igiene e Sanità del Senato, che ha ribadito quanto la medicina non sia “neutra” ricordando che già alcuni atenei italiani hanno dato avvio a percorsi formativi di medicina di genere, e dall’on. Fabiola Bologna, capogruppo della Commissione Affari Sociali della Camera, che ha ribadito quanto oggi non sia più possibile prescindere dalla medicina di genere in questo percorso che sta sempre più portando verso la medicina di precisione.

«Questo è il settimo libro bianco e Onda ha sempre avuto la peculiarità di essere precursore della politica», ha sostenuto Maria Rizzotti, senatrice e membro della commissione Igiene e Sanità del Senato.
«Dall’input di partenza è stato avviato con successo un percorso legislativo, cui tuttavia mancano ancora i decreti attuativi sulla ricerca, per i quali cercheremo di fare pressione. Non è mai stata fatta ricerca sulla donna nelle diverse fasi della vita perché è molto costosa».

«Cure sempre più mirate e personalizzate, per la donna e per l’uomo: è questa la frontiera della ricerca farmaceutica», ha aggiunto Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria.
«Basti pensare che il 42% dei medicinali in sviluppo è indirizzato alla medicina di precisione, valore che sale al 73% se si considerano quelli oncologici.
Ecco perché è importante partire dallo studio delle differenze di genere per arrivare a risposte cucite su misura per la persona.
L’impegno delle aziende è rivolto anche al diversity management, che non va inteso solo come diversità di genere ma anche come diversità di esigenze, situazioni familiari, patologie, cure e terapie.
Nel nostro Paese l’approccio della Medicina di genere è ormai un dato acquisito. Un significativo passo in tal senso è stato fatto con l’adozione del “Piano per l’applicazione e la diffusione della Medicina di genere”, nato dall’impegno congiunto del Ministero della Salute e del Centro di riferimento per la Medicina di genere dell’Istituto Superiore di Sanità con l’obiettivo di promuoverne la diffusione sulla base di quattro principi cardini: approccio interdisciplinare, ricerca, formazione e aggiornamento professionale, informazione.

Raffaella Michieli della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie ha insistito molto sull’adozione del Piano e su quanto i quattro principi andranno a modificare l’approccio dei medici di medicina generale, i primi a entrare in contatto con i pazienti.

Michieli ha insistito inoltre sul ruolo della prevenzione, che deve essere diversa per uomini e donne e che per queste ultime deve tenere conto anche delle mutevoli fasi della vita.
Ha ricordato, altresì, che le donne immigrate fanno poca prevenzione e conoscono poco le strutture e gli screening (l’adesione allo screening mammografico, per esempio, è oltre il 70% nelle donne italiane e il 58% nelle straniere).

Un ultimo aspetto ricordato da Michieli è la cronicità delle patologie, fenomeno in crescita anche per il progressivo allungamento dell’età media, che interessano in prevalenza le donne (11 donne contro 9 uomini), le quali, tra l’altro, sono chiamate a farsi prendersi cura dei propri familiari malati e della conseguente necessità di una revisione-implementazione del citato Piano.

«La medicina di precisione è nata e si sta sviluppando insieme al numero di informazioni genetiche e molecolari via via disponibili», ha sostenuto Alessandra Carè, responsabile del Centro di riferimento per la medicina di genere dell’Istituto Superiore di Sanità.
«L’ISS da anni fa ricerca in tal senso, anche se gli studi clinici sono ancora molto sbilanciati. Siamo ancora al primo passo: se l’Italia con il suo percorso istitutivo della medicina di genere è all’avanguardia nel mondo, va ancora istituito un “osservatorio”.

Il 28 gennaio 2020 parteciperemo alla prima riunione con le regioni per capire quale percorso intraprendere.
Tuttavia, risultano ancora imprescindibili i percorsi di formazione e informazione perché la medicina di genere è ancora confinata in ambiti molto focalizzati sebbene, soprattutto in ambito oncologico, la target therapy abbia dato risultati importanti.
Gli studi hanno, per esempio, evidenziato una maggiore reattività femminile ad alcuni tumori come il melanoma, dove la mortalità nell’uomo è del 4,1% e quella delle donne dell’1,7%.

Lo studio delle differenze di genere nello sviluppo e nella cura dei tumori, attraverso il riconoscimento dell’attività degli ormoni sessuali come fattori di crescita per i tumori al seno e alla prostata, ha rappresentato uno dei primi esempi di medicina di precisione.
In questo ambito sono stati infatti identificati diversi geni, e le relative mutazioni, che predispongono o causano l’insorgenza di un tumore, come nel caso dei geni BRCA 1 e 2 per cancro a seno e ovaie.
Stanti i progressi degli ultimi anni, siamo solo all’inizio di questa “nuova era” della medicina, per il cui sviluppo servirà un forte impegno unito a investimento economici adeguati.

Elena D’Alessandri