L’innovazione e le sfide per la sanità

Innovazione, sostenibilità e sfide digitali sono stati i temi chiave del 7° Healthcare Summit, organizzato a Roma lo scorso 20 novembre da 24Ore Eventi e Sole 24 Ore, con il patrocinio del Ministero della Salute e di numerosi partner: Assobiomedica, DLA Piper, Gilead, KPMG, Fasi, Farmindustria e Philips.
Questa conferenza annuale, punto di riferimento per il settore sanitario, si è snodata attraverso una lunga e serrata mattinata volta a discutere lo stato dell’arte della sanità in Italia e le ultime sfide del sistema sanitario nazionale alla luce della Manovra 2019, in bilico tra gestione della spesa, condivisione dei rischi tra pubblico e privato, sinergie tra Health Tech e Pharma, strategie di risparmio, innovazione e digitalizzazione dei processi per una assistenza 4.0 tra ospedali e territorio.
Molti temi caldi dunque sul tavolo, argomenti ai quali non è facile fornire risposte, soprattutto considerando il difficile equilibrio tra le numerose variabili in campo.

La sostenibilità di sistema

I lavori sono stati aperti da un primo intervento di inquadramento, a cura di Alberto De Negri, Partner di KPMG, utile a comprendere le modalità con cui garantire sostenibilità al sistema sanitario nazionale.
«È importante comprendere», ha sostenuto De Negri, «che le sfide sono molte e complesse e le risorse scarse. Ciò premesso, per ora i conti sembrano reggere e i numeri non rappresentano un’enorme criticità. Va tuttavia evidenziata una situazione di sostanziale impasse. La sanità italiana è in stallo».
La sanità del futuro richiede, infatti, un’organizzazione sempre più pervasiva e trasversale nei processi di cura dei pazienti. Ancora oggi, tuttavia, si tendono a seguire logiche verticali o di conto economico che, dati alla mano, hanno consentito la tenuta economica ma rallentato l’innovazione.

«Oggi la consapevolezza che la sanità vada affrontata in modo orizzontale esiste», ha proseguito De Negri, «ma ancora nessuno ha toccato i vincoli sistemici nel timore che scappi di mano la spesa. Purtroppo non esiste uno spazio in cui testare nuovi modelli organizzativi, dei “laboratori franchi dell’organizzazione”, ambienti protetti in cui fare innovazione sotto un attento monitoraggio dei costi, coadiuvati da un sistema informativo che consenta di seguire il paziente anche fuori dall’ospedale, bilanci certificati e controllo di gestione. E il risultato è, purtroppo, la staticità».

Tra le proposte avanzate da De Negri: quella di un case manager per la popolazione più fragile a rischio di ricovero, un’innovazione strutturale abilitata da nuove terapie, un’efficiente assistenza domiciliare supportata da domotica e telemedicina e una valida assistenza sociale sia a individui sia a gruppi, perché attualmente non esiste ancora alcuna permeabilità tra il sociale e l’assistenziale.
«In un contesto in cui il finanziamento non cresce o cresce poco, l’innovazione tecnologica ci incalza nel quotidiano e l’innovazione di processo è nulla o quasi, appare evidente che fermi non si possa rimanere», ha concluso De Negri.

L’analisi della sostenibilità e le proposte avanzate hanno fornito input sufficienti per le successive due tavole rotonde e per il focus conclusivo.
Value based healthcare, slogan o nuovo paradigma?
La prima delle due roundtable è stata incentrata sulla value based healthcare, un’espressione «che ha il pregio di creare una sintesi efficace che riporta il paziente al centro», ha commentato Patrizio Armeni, professore associato alla SDA Bocconi. La value based healthcare si declina infatti in tutte le aree della sanità e ha come obiettivo la presa in carico del paziente nella sua totalità.
Tendere a una sanità basata sul valore, però, vuol dire definire nuovi modelli sanitari capaci di garantire al paziente un sistema all’altezza delle sfide del momento, innovativo, sostenibile e digitale senza perdere per questo la peculiarità dell’inclusività, un fiore all’occhiello del sistema sanitario italiano.

Health tech e pharma alla sfida della cronicità

Un approfondimento sulle sfide poste dalla cronicità, che ha visto protagonisti Philips e Pfizer – rappresentati dai rispettivi CEO Stefano Folli e Massimo Visentin –, ha dimostrato l’utilità della telemedicina per i pazienti con patologie croniche. Si ricorda che la cronicità in Italia costituisce una vera e propria emergenza: ne soffre circa il 22% degli over 65 e il 39% degli over 80.

Il Piano Nazionale Cronicità ha mostrato come a livello mondiale la spesa per cronicità dreni il 70% delle risorse sanitarie complessive. Tra le voci di spesa principali c’è la mancata aderenza terapeutica, che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha valutato in 125 miliardi di euro di costo complessivo. Lo stesso piano nazionale ha individuato nella rivoluzione digitale un’efficace arma per affrontare la sfida della cronicità.

In Italia il 30% delle visite generiche e specialistiche sono dedicate a pazienti cronici. Dati della Regione Lombardia evidenziano che il costo di un paziente cronico è di 4 volte superiore ad un paziente che non soffre di patologie croniche e arriva a essere di 20 volte superiore se convivono più cronicità. È nato così il progetto “Vicini di salute”, volto a dare maggiore consapevolezza e responsabilità ai pazienti cronici.

Philips e Pfizer, con il supporto del Politecnico di Milano, hanno messo insieme competenze, innovazione tecnologica, analisi di diverse patologie, mostrando come l’integrazione tra health tecnology e pharma sia in grado di creare valore aggiunto. Il progetto ha coinvolto 3 strutture ospedaliere del nord, del centro e del sud Italia e in ciascuna ha selezionato 30 pazienti con patologie diverse. La diversa casistica patologica ha consentito una simulazione importante in cui affrontare diversi aspetti.

Al paziente è stato fornito un hardware e un software, in sintesi un tablet, ed è stata creata una web application a disposizione dei clinici. Questo ha permesso un avvicinamento dei pazienti ai clinici. L’obiettivo educazionale è stato pienamente centrato perché la responsabilizzazione del paziente (empowerment) ha stimolato una maggiore aderenza alla terapia, determinando vantaggi all’intero sistema.

La telemedicina permette di accorciare le distanze, consentendo un confronto continuo tra medico e paziente e risparmi enormi alla sanità. Il Politecnico ha valutato in 3 miliardi di euro il risparmio dato dalla deospedalizzazione, cui si aggiungono 2 ulteriori miliardi provenienti dalla semplificazione delle procedure: 5 miliardi sono una somma importante che andrebbe reinvestita nel miglioramento delle infrastrutture.

Questo progetto ha anche messo in luce come il digitale non costituisca un elemento di spersonalizzazione ma di umanizzazione per il paziente che si sente più al sicuro, più seguito e con una cura ad hoc. Buona parte della popolazione è pronta a questo cambio di passo, ma in realtà quel che manca è la conduzione dei processi. Competenze e processi servono per fare delle trasformazioni importanti.

«Con questo progetto abbiamo mostrato la potenzialità del digitale applicato alla sanità e questo era molto importante», ha sostenuto Stefano Folli.
Pfizer e Philips sono convinti di proseguire questa partnership. Ignorare la digitalizzazione oggi non è una strategia, ma occorre uno shock di investimenti che abbia una visione di medio-lungo periodo.

Manovra 2019 e sfide per il SSN

La seconda tavola rotonda è stata incentrata sullo spinoso tema della manovra 2019 e le sfide per il sistema sanitario nazionale: dall’applicazione dei nuovi Lea alle forme di condivisione tra pubblico e privato, dall’annosa (e non ancora risolta) questione del payback alla nuova governance.
«Dal 2010 al 2018 si è assistito a una politica di continui tagli ai finanziamenti al settore sanitario», ha esordito Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe. La manovra 2019 ha previsto uno stanziamento per fabbisogno nazionale standard di 4,5 miliardi nel triennio 2019/2021.

«Il primo miliardo per il prossimo anno il Governo lo porta dalla precedente legislatura, i successivi miliardi per il 2020-2021 sono subordinati alla stipula del nuovo patto per la salute. Questi 3,5 miliardi di euro sembrano legati ad ardite previsioni di crescita. E poi ci sono altre voci, dalla riduzione dei tempi di attesa all’implementazione dei sistemi informatici di prenotazione – anche questi tuttavia subordinati al rinnovo dell’accordo Stato-Regioni».

Di fronte alle lamentazioni dei vari player coinvolti al tavolo, Pierpaolo Sileri, presidente della Commissione Permanente Igiene e Sanità del Senato, ha risposto: «tutto ciò che dite è corretto. Abbiamo iniziato a fare qualcosa, ma ci sono talmente tante cose che ci portiamo dietro dal passato che servirebbe una finanziaria ad hoc per la sanità.

Quel che vediamo oggi è il risultato di anni. Nella manovra c’è poco di sanità perché abbiamo dato peso a quelli che ci sembravano i temi più urgenti del momento: il reddito di cittadinanza e le pensioni, per stimolare la coesione sociale, unico elemento che potrebbe garantire la ripartenza del Paese».

Ospedali 4.0, c’è ancora molto da fare

L’evento si è concluso con un focus sugli ospedali 4.0, ancora in buona parte un miraggio in Italia. La rivoluzione digitale stenta a concretizzarsi, spesso proprio per la mancata comprensione che l’investimento necessario debba essere letto come valore e non come voce di costo.
È evidente che il mondo della salute sia ancora molto frammentato. I pazienti oggi incontrano in successione operatori sanitari diversi che poco o nulla sanno dei passaggi precedenti: è il paziente a dover orchestrare le proprie cure, spesso con un aggravio di costi sul sistema e dagli esiti peggiori.

Inoltre la sanità del futuro deve essere incardinata su di un imprescindibile scambio tra strutture e territorio.

«Se parliamo d’innovazioni in senso più generale», ha spiegato la vicepresidente della Federazione Nazionale Ordine delle Professioni Infermieristiche FNOPI Ausilia Lucia Pulimeno, «per il nostro Ordine non è più rimandabile l’introduzione di nuovi modelli organizzativi e di figure da strutturare come l’infermiere di famiglia e di comunità che, specie con l’ausilio delle nuove tecnologie, possono giocare un ruolo fondamentale fin d’ora per saldare ospedale e territorio garantendo standard elevati di assistenza a una popolazione sempre più anziana».
I vantaggi sia per le strutture, sia per i pazienti sia per il sistema sanitario nazionale sarebbero innumerevoli.

Elena D’Alessandri