Malattie rare: scotch molecolare e la malattia di Huntington

Lo scotch molecolare e la malattia di Huntington
Elena Cattaneo (al centro) con Alba di Pardo e Vittorio Maglione

Sta trasformando diagnosi e cure e ha già indicato nuove e certe strade per la prevenzione di malattie come il cancro, cardiopatie, infezioni, epidemie oltre che molte patologie rare. Grazie alla genomica oggi conosciamo alcune delle cause e possiamo agire sui meccanismi molecolari che le innescano, quindi possiamo curarle o almeno iniziare a pensare a una nuova cura.
D’altronde la spina dorsale della medicina è la scienza e una strada densa di promesse è proprio quella delle cellule staminali come modello di studio per le malattie rare. Una strada che potrebbe offrire nuove prospettive per una migliore comprensione e per lo sviluppo di trattamenti per numerose patologie, tra le quali le malattie neurodegenerative.

Ne è convinta la professoressa e senatrice a vita, Elena Cattaneo, direttrice del Laboratorio di Biologia delle Cellule Staminali e Farmacologia delle Malattie Neurodegenerative Dipartimento di Bioscienze, Università di Milano e co-fondatrice e direttrice di UniStem (Centro di ricerca sulle cellule staminali), che ne ha parlato al Parco Tecnologico dell’Irccs Neuromed, in un seminario dedicato ai “Neuroni da staminali per l’Huntington: prospettive conoscitive e cliniche in ambito neurologico a partire da un gene antico”.

La ricercatrice, che ha raggiunto la fama internazionale proprio in questo ambito della scienza, ha fatto il punto su questa patologia effettuando una “carrellata” sulla lunga storia di quel “gene antico”, al quale è legata la malattia di Huntington, la temibile patologia a base genetica neurodegenerativa che colpisce la coordinazione muscolare e porta ad un declino cognitivo e a problemi psichiatrici, causata da una mutazione autosomica dominante in una delle due coppie di alleli di un gene codificante una proteina. E proprio su una prospettiva globale di questa malattia, della sua storia, delle sue origini e delle promesse che la ricerca scientifica sta aprendo, è stato incentrato il seminario, con un accenno alle ricerche in corso e a ciò che ci possiamo aspettare.

«Vi sono diverse strade attualmente allo studio», ha detto la ricercatrice. «Una, che definirei fenomenale, è di silenziare il gene responsabile della malattia. È stato infatti costruito in laboratorio qualcosa di simile a uno scotch molecolare, che riconosce esattamente il gene nel Dna e lo mette a tacere. I risultati su modelli animali sono stati molto incoraggianti e nel 2015 è stata avviata la prima sperimentazione su esseri umani. Questa è una strada maestra, nella quale potremo colpire specificamente le cause della patologia».
L’altro aspetto è quello delle cellule staminali, con la prospettiva di usarle per rimpiazzare il tessuto nervoso danneggiato dalla malattia: «Sulle staminali», ha detto ancora Cattaneo, «dobbiamo stare bene con i piedi per terra. È importante che il pubblico capisca che serve tantissima ricerca, tantissime prove devono essere accumulate. Non c’è da andare dietro a riti sciamanici. Oggi, dopo decenni di studi, abbiamo un faro per le malattie neurodegenerative: l’uso di staminali embrionali. Nel 2011, per la prima volta, è stato possibile istruire queste cellule in modo che si trasformassero in neuroni dopaminergici, proprio quelli che muoiono nella malattia di Parkinson».
«Oltre a essere un grande onore per il nostro Istituto», ha commentato Vittorio Maglione del Centro di Neurogenetica e Malattie Rare Neuromed, «la visita della professoressa Cattaneo rappresenta un momento scientifico importante per fare il punto sui traguardi raggiunti dalla ricerca e sulle prospettive di cura per malattie rare molto gravi come l’Huntington; un settore in cui il Neuromed è da sempre impegnato in prima linea».

Lorenzo Di Palma