Monitoraggio del colon-retto: report di Cittadinanzattiva Lazio

Solo un paziente su due ha avuto indicazioni su come prepararsi alla colonscopia da parte del personale del servizio endoscopico e solo il 34% dei cittadini è ben informato circa l’esame cui sottoporsi.
Sono questi i dati principali emersi dal Rapporto Cittadinanzattiva Lazio realizzato con il contributo non condizionato di Norgine e presentato a Roma, presso il Palazzo del Ninfeo, lo scorso 2 dicembre. Monitorati centri screening, personale sanitario e pazienti con l’obiettivo primario di costruire un percorso che porti alla definizione di una Carta della Qualità.

Il report sul monitoraggio del colon-retto, realizzato da Cittadinanzattiva Lazio con il contributo non condizionato di Norgine, mostra che solo 1 paziente su 2 ha ricevuto indicazioni cliniche sulle modalità di preparazione all’esame colonscopico da parte del personale del servizio endoscopico.
Inoltre, l’informazione agli utenti sembra ricadere solo sul personale sanitario e/o sugli operatori del centro screening. Per la realizzazione del rapporto sono stati monitorati centri screening, personale sanitario e pazienti con l’obiettivo di costruire un percorso che porti alla definizione di una Carta della Qualità.

I centri screening

Il 23% dei centri ritiene che le persone che presentavano sangue occulto nelle feci non vengano adeguatamente informate circa la necessità di eseguire un approfondimento diagnostico attraverso la colonscopia. Emerge consapevolezza circa gli standard qualitativi di riferimento per le procedure endoscopiche, ma di contro si evidenzia la necessità di aumentare la compliance dei cittadini che devono prepararsi all’esame.
Per fare ciò, dal rapporto risulta di particolare importanza il colloquio con il personale del servizio endoscopico, preferito a quello con il medico di medicina generale, nella convinzione di poter contare su una preparazione più specialistica del primo rispetto al MMG.

Il personale

Per quanto riguarda il personale del servizio endoscopico, quasi un terzo (30,2%) non ha svolto corsi di formazione o di aggiornamento in merito alla prevenzione del cancro al colon retto.
I pazienti risultano molto informati circa l’esame colonscopico nel 34% dei casi, in modo sufficiente nel 54,7% ma in modo scarso o insufficiente nel 6%, un elemento questo che spinge a riflettere circa la necessità di un’implementazione formativa da parte dell’azienda sanitaria.
Il personale sanitario è a conoscenza degli standard per le procedure endoscopiche, ma la valutazione del servizio è stato messo in atto solo dal 58,8% delle ASL.

I pazienti

Come accennato in precedenza, solo la metà dei pazienti ha ricevuto indicazioni cliniche accurate circa la preparazione all’esame. Questo determina una non chiara modalità di assunzione del preparato che può dare come risultato una non completa pulizia dell’intestino con conseguenti difficoltà da parte degli operatori a eseguire l’esame secondo gli standard richiesti.
È convinzione comune che la preparazione all’esame, e il fatto che la stessa interferisca in modo importante sulla qualità di vita dei pazienti, viene giudicato un elemento di freno e di scoraggiamento alla sua esecuzione.
Il ruolo del farmacista territoriale nel processo di adesione allo screening è risultato marginale.

Puntare all’ampliamento della prevenzione

«Il Rapporto sul monitoraggio del colon retto ci restituisce una realtà di prevenzione che va sostenuta, ampliata e diffusa. Questo il primo risultato emerso dal lavoro svolto in collaborazione con gli operatori sanitari e i cittadini che hanno partecipato alla survey. Così come i dati emersi ci indicano tendenze, correzioni e ipotesi di lavoro per il miglioramento dell’accesso e della qualità del servizio offerto», ha commentato Elio Rosati, segretario di Cittadinanzattiva Lazio.

«Riteniamo infatti che l’obiettivo generale debba essere la costruzione di una Carta della qualità per lo screening del colon retto nel Lazio. Le aree di intervento, anche alla luce del presente lavoro, potrebbero essere così suddivise: area informazione, area comunicazione, area formazione, area Qualità percorso e presa in carico», ha concluso.

I numeri della prevenzione nel Lazio stanno incrementando sia nel primo che nel secondo livello. Per quanto riguarda gli screening, il numero di inviti ha sfiorato il milione, mentre per le adesioni si sta tornando a livelli pre-pandemici, con un balzo legato al ruolo delle farmacie grazie alla loro capillarità sul territorio, elemento quest’ultimo che ha consentito di aumentare il numero delle diagnosi preventive.

Nel corso della mattinata è stata ricordata l’importanza del rafforzamento della rete di prossimità unitamente a un efficientamento del fascicolo sanitario elettronico che possa prevedere al suo interno anche esami di natura privata così da fornire un excursus completo degli esami effettuati nel corso del tempo.

Elena D’Alessandri