Salutequità, neonata associazione italiana per l’analisi, l’innovazione e il cambiamento delle politiche sanitarie e sociali, ha presentato il suo primo report, dal titolo “Equità di accesso alle cure e Covid-19”.
Secondo Tonino Aceti, presidente dell’associazione, «è urgente un Piano Nazionale di Rientro nel SSN dei pazienti non Covid, a partire dalle persone con fragilità. Nel 2021 la sua attuazione sia presa a indicatore centrale per misurare l’operato delle Regioni».

«Le disuguaglianze di salute in Italia sono al centro dell’emergenza Covid, con l’evidenza sempre più drammatica di un nuovo profilo di non equità nell’accesso alle cure tra pazienti Covid e non Covid. Il 2021 si sta già caratterizzando come anno importante per la progressiva uscita dalla pandemia, ma dovrà caratterizzarsi anche per il rientro dei pazienti non Covid nel circuito di presa in carico del SSN, pazienti praticamente esodati nel 2020».

L’impreparazione mostrata dal SSN nella capacità di garantire il doppio registro di assistenza ai pazienti Covid e non Covid ha prodotto nei primi mesi del 2020 una caduta libera di ricoveri (-40%), ricette per prestazioni di specialistica ambulatoriale (-58%) e screening oncologici (-50/55%), oltre a una drastica contrazione della spesa per farmaci innovativi non oncologici, che in alcune Regioni ha riguardato anche quelli oncologici.

Dal 1° Report Salutequità emerge che durante la pandemia la riduzione delle attività ospedaliere nel primo semestre 2020, rispetto allo stesso periodo del 2019, ha subito una contrazione di circa il 40%.
Anche il numero di ricette per prestazioni specialistiche erogate è crollato in media del 58%, ovvero 13,3 milioni di accertamenti diagnostici e 9,6 milioni di visite specialistiche in meno.
La contrazione è stata diversa tra le Regioni. Per esempio, in Basilicata è stata del -61% mentre in Lombardia del -39% (quasi nella media nazionale).

La capacità di erogare le cure ai pazienti non Covid è legata a diversi fattori. Uno di questi è la disponibilità di personale sanitario, spesso però carente perché impiegato in prima linea nella pandemia.
Così, per esempio, guardando ai dati pre-Covid, si va da una disponibilità di 5,59 operatori sanitari ogni 1000 abitanti della Campania ai 10,97 della Valle d’Aosta.

Disponibilità operatori sanitari nelle Regioni

La pandemia, tuttavia, non ha rallentato in modo significativo solo l’attività di cura e controllo delle patologie conclamate, ma ha ridotto significativamente anche l’attività di prevenzione, come mostra il caso degli screening oncologici mammografico (-54%), colorettale (-55%) e cervicale (-55%).
In questo senso circa la metà delle Regioni ha perso il 50% delle attività di screening rispetto al periodo pre-Covid e in alcuni casi anche oltre il 70%.

Programmi di screening oncologici in tempo di Covid

Anche i ritardi accumulati sono diversi tra Regioni. Per lo screening mammografico si passa da 3,6 mesi di ritardo della Calabria a 2 mesi della Toscana; per lo screening colorettale si va da 3,6 mesi del Lazio a 1,6 mesi dell’Umbria.
Nel complesso non sono state diagnosticate circa 4.300 neoplasie e 4.000 adenomi.

Un ulteriore elemento fortemente penalizzato dalla pandemia è stato l’accesso da parte dei pazienti ai farmaci innovativi. Per quelli non oncologici nel periodo gennaio-aprile 2020 si è speso circa un terzo rispetto al 2019, con una contrazione di circa 265 milioni di euro.

Riduzione dell’accesso ai farmaci innovativi non oncologici

La sanità digitale e in particolare il Fascicolo Sanitario Elettronico avrebbe potuto facilitare lo svolgimento delle cure a distanza come pure l’identificazione immediata delle complicanze/comorbilità, ma anche su questo a luglio 2020 il SSN era piuttosto indietro, con differenze molto marcate tra le Regioni.
Attivato con il consenso del cittadino per l’85% della popolazione in Emilia-Romagna, il 77% in Friuli-Venezia Giulia e il 60% in Lombardia, il FSE è del tutto assente, per esempio, in Calabria e Abruzzo e nella Provincia Autonoma di Bolzano.

Disparità in Italia nella digitalizzazione in sanità

Tutto questo a fronte di cospicui finanziamenti alla sanità che, dopo anni di tagli, sono vistosamente cresciuti passando rapidamente da circa 114,5 miliardi del 2019 a 120,5 del 2020, in aumento ancora nel 2021.
Evidentemente, però, finanziare il SSN non è sufficiente per migliorare lo stato dell’assistenza e accade anche che le risorse stanziate non vengano sempre utilizzate, come nel caso delle risorse per investimenti di cui è stato speso in media il 65%, cioè circa 6,7 miliardi di euro, ma ci sono Regioni che hanno utilizzato poco più del 18% dei fondi disponibili, come il Molise.
Anche guardando alle risorse stanziate all’interno delle misure emergenziali, vi sono risorse molto importanti, circa 500 milioni di euro, per garantire il recupero delle liste d’attesa che si sono accumulate perché cancellate o sospese a causa della prima ondata del virus, ma a oggi non sono state utilizzate.
Criticità anche nell’utilizzo delle risorse stanziate per potenziare il personale sanitario, ampiamente sottodimensionato rispetto ai bisogni della popolazione.