In occasione del recente congresso della Società Europea di Cardiologia (ESC), svoltosi a Barcellona, sono stati riportati i primi dati di economia sanitaria del Global Anticoagulant Registry in the Field – Atrial Fibrillation, o GARFIELD-AF.
Data l’importanza della fibrillazione atriale, infatti, sono stati condotti più studi per verificare come questa patologia incida sui sistemi sanitari nazionali e anche quale sia la sua relazione con altre patologie.
Da un punto di vista strettamente economico, si è osservata una grande disparità nella distribuzione della spesa in pazienti con fibrillazione atriale: per fare un esempio, in Spagna il 25,1% della spesa è dovuta alle cure ambulatoriali, contro un 9,4% dell’Italia. Se si pensa alle spese per ricovero ospedaliero, però, l’Italia spende di più, con l’83,7% contro il 63,9% della Spagna. Una differenza che si ritrova, con altri numeri, anche tra altri Paesi europei e che è espressione, con grande probabilità, di diversi modelli di cura.
I dati emersi dal congresso non sono solo di tipo economico. Si è visto, per esempio, che le donne con fibrillazione atriale tendono a sviluppare ictus più degli uomini con la medesima patologia; l’obesità tende ad anticipare la fibrillazione atriale, abbassando l’età della prima diagnosi, anche se non incide sulla percentuale di morte; l’associazione tra fibrillazione atriale e cardiopatia ischemica è un mix che peggiora i rischi connessi a entrambe le malattie, come probabilità di morte, infarto, sanguinamento; molte delle persone alle quali viene diagnosticata la fibrillazione atriale soffre anche di ipertensione.
Tutte queste nuove evidenze scientifiche relative alla fibrillazione atriale devono andare a incidere sui percorsi di cura, perché le diverse tipologie di pazienti possa essere informati rispetto ai rischi cui vanno incontro legati alla loro situazione sistemica e non solo alla singola problematica della fibrillazione atriale in sé.
Stefania Somaré