Completato a tempo di record, l’ospedale per le emergenze di Bari mette a disposizione 152 posti letto di terapia intensiva e sub-intensiva: conclusa l’emergenza, la struttura potrebbe diventare un disaster center permanente.

Terapia intensiva nel nuovo Centrale Maxi Emergenze presso Fiera del Levante a Bari

Progettata e realizzata a tempo di record nei padiglioni della Fiera del Levante a Bari, la nuova Centrale Regionale Operativa Soccorso Sanitario – Maxi Emergenze della Regione Puglia è il più recente ospedale Covid-19 italiano, gestito dalla Protezione Civile della Regione Puglia con il contributo, per la parte medica, dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Consorziale Policlinico di Bari.
«Abbiamo partecipato all’appalto integrato con offerta migliorativa in qualità di progettisti del RTI composto da CoBar e da ItemOxygen – afferma l’ing. Giovanni Magnanimo (Magnanimo Ingegneri Associati Srl) – che è poi risultato aggiudicatario della commessa».
«Le imprese dovevano redigere la progettazione definitiva/esecutiva in soli 7 giorni – conferma l’arch. Vittorio Mirizzi Stanghellini Perilli (Mirizzi Architetti Associati) – e completare l’intero intervento entro il 15 gennaio 2021, perciò in 45 giorni dall’aggiudicazione dell’appalto».

Progettare in tempo reale

Come vi siete organizzati?
«Il primo obiettivo è consistito nella definizione del progetto esecutivo – spiega l’ing. Magnanimo – al quale hanno partecipato tutti i professionisti in forza ai nostri studi, lavorando in strettissima collaborazione con i tecnici delle imprese e con i referenti dei principali fornitori. Abbiamo predisposto un progetto tridimensionale utilizzando un software BIM, in modo da minimizzare le problematiche in cantiere e di effettuare i computi in modo rapido e preciso.

Ing. Giovanni Magnanimo – Magnanimo Ingegneri Associati srl

Questo ha permesso alle imprese di procedere in modo spedito con gli ordini e, anche, di responsabilizzare i propri fornitori circa le caratteristiche assolutamente anomale del progetto, dal punto di vista della tempistica e della qualità del risultato atteso. In generale non abbiamo incontrato particolari difficoltà per quanto riguarda la progettazione, salvo ovviamente il fatto che si è trattato di un periodo molto, molto intenso».

«In origine era prevista la realizzazione di 152 posti letto intensivi – precisa l’arch. Mirizzi – senza particolari specifiche ad esempio circa l’intensità delle cure. Progressivamente sono stati approfonditi tutti gli aspetti legati al progetto sanitario, ad esempio differenziando le richieste finalizzate ai reparti per l’intensità medio-alta e per l’intensità medio-bassa, fino alla realizzazione di un reparto orientato alla cura delle complicazioni nefrologiche.

Altri aspetti significativi connessi alla funzionalità dei reparti sono stati oggetto di valutazione anche da parte nostra, ad esempio nel caso delle travi testaletto che, inizialmente, erano tutte previste a parete – anche se questo comporta non poche complessità operative per il personale dei reparti ad alta intensità. Di conseguenza in questi reparti – e anche in alcuni reparti a bassa intensità, per garantire una sufficiente flessibilità – sono state installate travi testaletto pensili».

Dal disegno al cantiere

Avete seguito il progetto anche durante la fase di realizzazione?
«Non poteva essere altrimenti – continua l’arch. Mirizzi. In questo caso non si è trattato solo di assistere le imprese elaborando i dettagli costruttivi, ma anche e soprattutto di mettere a punto le numerose modifiche intervenute in corso d’opera, sia per adattare il progetto allo stato dei luoghi, sia per fronteggiare un quadro esigenziale in costante evoluzione.

Arch. Vittorio Mirizzi Stanghellini Perilli – Mirizzi Architetti Associati

Quotidianamente il progetto era attualizzato sotto forma di as built, per avere sempre il completo controllo dello stato di avanzamento delle singole lavorazioni e per prevenire eventuali interferenze, anche ai fini della sicurezza in cantiere. Il tutto con ottimi risultati: complessivamente hanno partecipato all’intervento diverse decine di imprese subappaltatrici, senza che si verificasse alcun incidente».

«In pratica abbiamo lavorato in totale sinergia con l’appaltatore – interviene l’ing. Magnanimo – standardizzando le soluzioni per comprimere al massimo i tempi senza pregiudizio per la qualità. Per rispettare il termine dei lavori, infatti, le imprese hanno dovuto effettuare tutti gli ordini per i materiali costruttivi, gli apparati impiantistici e le tecnologie prima della chiusura dei fornitori per le festività di fine anno, in modo da rendere compatibili consegne e disponibilità.

Specie per i prodotti non in pronta consegna – come le lampade a variazione della temperatura di colore in funzione del ciclo circadiano – e di una certa complessità tecnica – come le unità di trattamento dell’aria – abbiamo progettato al contrario, verificando la rispondenza tecnica delle migliori soluzioni che risultavano reperibili immediatamente, o comunque in tempi certi e congruenti con il cronoprogramma».

Uno sguardo in prospettiva

Contrariamente agli altri ospedali COVID-19 realizzati nelle fiere di molte città italiane, quello di Bari potrebbe diventare permanente…
«Alcune delle caratteristiche della Centrale Maxi Emergenze si prestano a questa modalità d’uso – continua l’arch. Mirizzi. Per esempio tutte le funzioni sono disposte su un unico livello e gli spazi sono stati ottimizzati nell’ottica di un utilizzo razionale del personale sanitario.

L’ospedale potrebbe perciò svolgere lo stesso ruolo anche in caso di altri eventi catastrofici. Ovviamente sarà necessario intervenire per perfezionare tutti quegli aspetti rispetto ai quali, stante la realizzazione in stato d’emergenza, è stato possibile derogare».

«L’ospedale alla Fiera del Levante è nato per consentire alla rete sanitaria pugliese di fronteggiare al meglio la pandemia – conclude l’ing. Magnanimo – ma la possibilità di trasformarlo in un vero e proprio “disaster center” era già emersa durante le prime fasi del progetto.

La struttura presenta tutte le principali caratteristiche tecniche di un ospedale permanente, perciò si presta sia a diventare una sorta di “ospedale dormiente”, pronto a rientrare in azione in caso di necessità, sia a ospitare ulteriori attività sanitarie, ad esempio per la formazione del personale».

Giuseppe La Franca, architetto