Medicina Interna: richiesta una riforma del continuum ospedale-territorio per la cronicità complessa

La Società Italiana di Medicina Interna – SIMI ha lanciato un appello istituzionale per una radicale trasformazione del percorso assistenziale, ponendo la medicina interna al centro della gestione dei pazienti cronici e poli-patologici. L’iniziativa, promossa alla Camera dei Deputati su iniziativa dell’on. Luciano Ciocchetti, vicepresidente della XII Commissione Affari Sociali, mira a superare la frammentazione delle cure e l’endemica problematica delle dimissioni inappropriate che riducono l’efficienza ospedaliera.

L’internista perno della continuità assistenziale

I dati presentati dal prof. Nicola Montano, presidente SIMI, confermano la centralità strutturale della specialità: la medicina interna è la “spina dorsale” del sistema ospedaliero, con oltre 1.000 unità operative, circa 30.000 posti letto e un volume di circa un milione di ricoveri acuti annuali.

Il nodo critico risiede nella complessità di questa popolazione: pazienti pluri-patologici con elevati bisogni assistenziali e sociali. Un recente studio SIMI-FADOI ha evidenziato che oltre il 20% di questi pazienti permane in regime di ricovero in modo inappropriato, un fenomeno che alimenta il sovraffollamento dei Pronto Soccorso e paralizza la disponibilità dei posti letto e che un 15% di questi pazienti richiede un’alta intensità di cura.

«È chiaro quindi che è tutto il percorso territorio-ospedale-territorio che va riformato, e la medicina interna va coinvolta perché è uno degli attori principali di questo cambiamento» ha spiegato il professor Montano, ricordando come i pilastri dell’attività dell’internista siano l’appropriatezza clinica e la sostenibilità.

La presidente eletta, professoressa Cecilia Becattini, ha sottolineato come la specialità vada inquadrata nell’ambito di un “flusso di cura”: un sistema che accoglie l’acuzie in setting a diversa intensità, agisce come punto di raccordo clinico con le altre specialistiche durante il ricovero e garantisce la cruciale connessione con la medicina del territorio in fase di dimissione.

Un approccio olistico contro la frammentazione

La richiesta di riforma è sostenuta dalla capacità intrinseca del medico internista di gestire la complessità. Il professor Giorgio Sesti, past president SIMI, ha sottolineato che «la capacità di valutare il paziente nella sua interezza, anziché focalizzarsi su singoli organi o sistemi, permette all’internista di intervenire in modo efficace non solo sulla patologia principale, ma anche sulle sue complicanze e sulle eventuali comorbidità».

Questa visione globale si scontra con i limiti del passato del chronic care model. Il professor Roberto Tarquini, vicepresidente SIMI, ha ricordato come il Piano Nazionale della Cronicità – PNC, del 2016 abbia fallito nel suo intento di sostenibilità a causa della frammentazione, considerando le singole malattie, anziché il paziente cronico poli-patologico nella sua interezza.

«Solo un approccio globale a questi pazienti può rendere il modello sostenibile, in un continuum tra medici di medicina generale e ospedale, dove l’internista è l’unico specialista, in grado di gestire questi malati con un impiego di risorse contenuto».

L’apertura delle Case di Comunità rappresenta dunque una potenziale opportunità anche se» secondo Tarquini «il suo successo dipenderà dalla disponibilità di risorse adeguate e dalla capacità di superare gli anacronistici conflitti culturali tra specialisti e medici di famiglia».

Le leve della trasformazione: Hospitalist e territorio

I temi proposti da SIMI, che saranno al centro del 126° Congresso Nazionale, in programma a Rimini tra il 10 e il 12 ottobre, delineano le soluzioni operative: ottimizzazione dell’intensità di cura ospedaliera garantendo rapidità ed efficacia delle cure in fase acuta per una dimissione più sicura; istituzione dell’hospitalist, una figura di medico internista diffusa nel sistema sanitario anglosassone, cruciale per la gestione dei casi più complessi e per assicurare la continuità e la sicurezza delle cure intra-ospedaliere; rafforzamento territoriale, aumentando le risorse extra-ospedaliere (personale e strutture intermedie) per consolidare il legame con l’assistenza domiciliare, riducendo le riammissioni e supportando i bisogni assistenziali residui post-dimissione.

Richiesta di indagine parlamentare e determinanti sociali

L’iniziativa SIMI si inserisce in un contesto politico che richiede urgenza di investimenti e valorizzazione professionale, dati i problemi di carenza di personale. L’Onorevole Ilenia Malavasi (XII Commissione Affari Sociali) ha richiamato la necessità di rilanciare l’idea di una indagine parlamentare conoscitiva sulla situazione dei reparti di Medicina Interna, proposta inizialmente da FADOI, per tutelare un ambito “centrale nell’organizzazione del nostro sistema sanitario.”

A completare questa visione olistica, il Congresso SIMI assegnerà il SIMI International Award 2025 a Sir Michael Marmot, pioniere nello studio dei determinanti sociali di salute (social determinants of health). Come sottolineato dal professor Montano, Marmot ha dimostrato come fattori come reddito e istruzione abbiano un impatto significativo sulla salute, un concetto che la Medicina Interna, con la sua attenzione al paziente nella sua interezza, è chiamata a integrare nella pratica clinica e nelle politiche sanitarie.