Nuovo parere della Commissione Sanità del Senato su sostenibilità SSN

Nuovo parere della Commissione Sanità del Senato su sostenibilità SSNLo scorso 10 gennaio la XII Commissione Igiene e Sanità del Senato ha pubblicato sul sito di Palazzo Madama un nuovo documento: «Seguito dell’indagine conoscitiva sulla sostenibilità del Servizio sanitario nazionale con particolare riferimento alla garanzia dei principi di universalità, solidarietà ed equità: seguito e conclusione dell’indagine conoscitiva. Approvazione del documento conclusivo: Doc. XVII, n. 13».

Dal documento traspare la necessità di guardare alla sanità e alla sua sostenibilità da una prospettiva differente, come punto essenziale da continuare a sviluppare per favorire la crescita, anche economica del Paese. Ben lungi dall’essere una fonte di spesa pubblica e sprechi da tagliare per migliorare i bilanci dello Stato, la sanità è infatti un settore che permette non solo di garantire salute ai cittadini di un Paese, ma anche di dare occupazione ed essere fonte di reddito per tante persone.

Inoltre, una popolazione più sana è chiaramente più attiva dal punto di vista lavorativo, il che favorisce ulteriormente la crescita.

«Tuttavia», si legge nel testo, «benché la salute sia una condizione essenziale per la crescita economica e lo sviluppo, il suo impatto sull’economia è spesso sottovalutato. Tale sottovalutazione della salute e del settore sanitario rafforza la necessità di fare chiarezza non solo sul legame fra salute e Pil, ma anche sul contributo della sanità alla crescita economica (non solo attraverso la produzione di beni e servizi sanitari, ma anche attraverso gli effetti indiretti su tutti gli altri settori) e soprattutto sull’apporto della sanità allo sviluppo umano (al miglioramento della qualità della vita e del benessere delle persone, ovvero a quei fattori che contribuiscono a una crescita qualitativa – e non solo quantitativa – di un paese).
Paradossalmente infatti una morbilità elevata o una sanità inefficiente contribuiscono alla crescita del Pil, perché impongono spese più elevate, mentre una grande attenzione alla prevenzione delle maggiori patologie o una rigorosa limitazione del consumo di prestazioni inappropriate rallentano la crescita del Pil, perché riducono la produzione di servizi assistenziali».

La Commissione ha poi confermato che, nonostante gli scarsi investimenti in sanità del nostro Paese, la nostra popolazione ha un’alta aspettativa di vita e il nostro si può ancora considerare un sistema efficiente. Certo, «crisi economica e restrizioni alla sanità pubblica stanno pregiudicando le condizioni di accesso ai servizi sanitari, soprattutto fra le categorie più deboli e nelle regioni più in difficoltà, aggravando le già importanti diseguaglianze sociali e territoriali esistenti nel Paese. Gli strumenti di governo della spesa sanitaria pubblica non possono prescindere dagli effetti sulle diseguaglianze nella tutela della salute».

A impedire un’adeguata evoluzione del sistema sanitario, che ha già visto migliorie dal punto di vista dell’organizzazione, che hanno consentito di ridurre i disavanzi e contenere le spese, senza perdere in efficienza. Altro aspetto che può essere utile per migliorare l’accesso ai servizi è l’informatizzazione che, insieme alle tecnologie digitali, «può contribuire a migliorare l’accessibilità al sistema, l’integrazione dei servizi per gli operatori e per il cittadino, garantire maggiore trasparenza delle informazioni migliorando l’efficienza e la sostenibilità stessa del sistema».
La Commissione ha poi individuato alcuni ostacoli che devono essere superati, tra i quali «i molteplici vincoli imposti alla spesa e alla dotazione del personale che stanno indebolendo il servizio sanitario in tutte le Regioni, elevando l’età media dei dipendenti e demotivando la principale risorsa su cui può contare un sistema di tutela della salute. Una accurata revisione dei vincoli vigenti introducendo elementi di flessibilità, soprattutto ove causa di effetti perversi, appare necessaria per la salvaguardia e la sostenibilità del sistema».

La Commissione suggerisce inoltre la necessità di ridefinire i LEA, cercando di graduarli sulle reali esigenze della popolazione, così come di rivalutare il sistema dei Ticket. Segnala inoltre la necessità, per la sanità pubblica, di trovare nuovi alleati: «le politiche per la salute hanno bisogno di grandi alleati, nel mondo dell’industria, della cultura e della formazione. Come ricorda Margaret Chan, direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel secolo scorso molti settori erano grandi alleati delle politiche per la salute: l’abitazione, l’istruzione, l’igiene pubblica, l’agricoltura, le infrastrutture. Oggi c’è bisogno di nuovi alleati, ma molti possibili alleati hanno interessi in conflitto con la promozione della salute».

La Commissione richiama quindi l’attenzione dei soggetti che potrebbero operare in favore della salute di fare propria questa responsabilità. Infine viene segnalata la necessità di sviluppare ulteriori politiche di prevenzione, anche attraverso la diffusione di stili di vita sani, dall’attività fisica all’alimentazione: questi sono fattori che permettono una crescita e un invecchiamento sano e, quindi, meno carico sulla spesa sanitaria, così come pretendere che i luoghi di lavoro e di vita siano salubri. Lo stesso, aggiungerei, vale per l’ambiente nel suo insieme. Insomma, il documento è veramente ampio e interessante e pone parecchi spunti di riflessione, anche rispetto a cambiamenti di mentalità che devono essere ancora apportati, come una nuova politica del personale.

Si legge nel documento «(…) l’esperienza insegna che la prassi dell’outsourcing e del ricorso al lavoro flessibile, spesso necessaria (per garantire i servizi) e per lo più illusoria (quanto a contenimento della spesa), ha di fatto aumentato il precariato all’interno del sistema, anche in settori molto delicati dal punto di vista assistenziale (dal pronto soccorso alla rianimazione) e indebolito progressivamente la sanità pubblica, in ragione del crescente impiego di personale non strutturato, non appartenente al servizio, non destinatario di specifiche attività formative e non titolare di alcune importanti tutele (si pensi, per esempio, alla tutela della maternità).
La Commissione ha più volte dibattuto la necessità di una revisione complessiva dei vincoli imposti al personale e ha proposto provvedimenti (anche attraverso emendamenti e disegni di leggi) volti a favorire il ricambio generazionale (anche con forme di part time a fine carriera), preservare la dotazione di personale nei servizi strategici (servizi d’emergenza urgenza, terapia intensiva e sub-intensiva, centri trapianti, assistenza domiciliare ecc.), limitare il blocco del turn over e più in generale evitare l’adozione di vincoli che producono effetti perversi, perché riducono il personale dipendente ma aumentano il ricorso a personale precario e/o a servizi esterni molto spesso più costosi a parità di attività. Specifica attenzione dovrà essere dedicata alla formazione di tutti gli operatori della sanità, dalla formazione universitaria all’aggiornamento del personale in servizio, in un’ottica sistemica e di medio-lungo periodo, evitando interventi frammentari e parziali, a partire dalla formazione specialistica del personale medico». Perché ciò si verifichi è però necessario che si inizi a vedere la persona assunta come risorsa vera e non come un ulteriore stipendio da pagare.

Stefania Somaré