Uno studio retrospettivo della NEOMA Business School mostra l’efficacia di due nuovi indici nel gestire al meglio i momenti di sovraffollamento nei dipartimenti di emergenza-urgenza.
Si sente spesso parlare del sovraffollamento dei Pronto Soccorso italiani, meno spesso del fatto che il problema è condiviso con molti altri Paesi. Non a caso un team di ricerca della NEOMA Business School si è concentrato proprio su questo tema, cercando di individuare nuovi indicatori che consentano di misurare al meglio la complessità operativa e di muoversi di conseguenza.
Lo studio si basa su 145 mila visite osservate in un ospedale canadese.
Secondo il team il primo problema con cui confrontarsi è l’impossibilità di prevedere quale sarà l’afflusso giornaliero al Pronto Soccorso: al massimo si può effettuare una stima, magari basandosi su dati storici, ma nulla di più. Inoltre, non è detto che il flusso di pazienti sia fluido: spesso c’è un afflusso improvviso di più pazienti contemporaneamente che manda in tilt qualsiasi organizzazione. Quindi? Quali indicatori possono aiutare a migliorare la situazione?
Nuovi indicatori per valutare la complessità dell’assistenza
Gli autori hanno deciso di muoversi da un nuovo punto di vista, misurando due tipi di rischio che possono compromettere l’organizzazione di un dipartimento di emergenza-urgenza: i rischi legati al tempo e quelli legati alla diversità dei casi.
Hanno quindi applicato questi rischi al campione di visite a disposizione, osservando che funzionano meglio dell’indicatore “numero di pazienti/numero di operatori” nel definire la complessità di un PS.
Più nel dettaglio, gli indicatori “complessità temporale” e “complessità dei casi” permettono di prevedere meglio i tempi medi di attesa per i pazienti in ingresso e il tempo medio totale trascorso all’interno del dipartimento stesso. Al crescere della “complessità temporale” cresce anche il rischio di sovraffollamento, mentre, al contrario, al crescere della “complessità dei casi” cala il rischio di sovraffollamento.
Ciò succede perché maggiore è la diversità dei casi e maggiore è la possibilità di dividere i pazienti tra le diverse specialità presenti in dipartimento: si assiste quindi a una distribuzione più efficiente dei pazienti tra gli operatori.
Al contrario, se la complessità dei casi è bassa, allora significa che tutti i pazienti in arrivo hanno problematiche simili che richiedono l’intervento sempre degli stessi operatori, il tempo d’attesa si fa quindi lungo. Come applicare questi indici, peraltro calcolabili utilizzando i dati che già ora si raccolgono all’arrivo del paziente?
Organizzare al meglio il flusso dei pazienti
Secondo i ricercatori della NEOMA Business School questi indicatori potrebbero consentire di migliorare la strategia di prioritizzazione dei pazienti, oggi basata solo su gravità e urgenza delle patologie osservate all’accettazione. Si potrebbe aggiungere a questi parametri anche il tempo di attesa stimato in base ai due indici presentati.
In questo modo, se ci sono due pazienti presenti in sala con patologia di simile gravità, verrà trattato prima quello che può essere preso in carico più rapidamente, anche se arrivato dopo l’altro: il suo assistente infatti sarà poi libero per un altro paziente, riducendo il rischio di sovraffollamento.
Inoltre, se si tenesse conto della “complessità dei casi” presenti in dipartimenti si potrebbe curare contemporaneamente più pazienti, di fatto riducendo i tempi di attesa di tutti. C’è però una seconda opportunità offerta da questi indici. Vediamola.
Usare gli indici per nuove decisioni organizzative
Se si inseriscono i nuovi indici all’interno di uno strumento decisionale collegato in tempo reale con il sistema di registrazione dei pazienti in ingresso, diventa possibile capire in anticipo se si sta creando una situazione di sovraffollamento e, quindi, intervenire prima che la situazione diventi incontrollabile.
Oltre a chiamare rinforzi, il responsabile potrebbe agire innalzando il livello di priorità di alcune patologie per armonizzare il carico di lavoro degli operatori, modificare l’assegnazione del personale multi-specializzato e così via.
Ogni realtà potrà trovare le proprie soluzioni in base alle caratteristiche organizzative intrinseche. Integrare i nuovi indici all’interno del più comune rapporto paziente/operatore potrebbe migliorare la gestione dei dipartimenti di emergenza. Sarebbe utile effettuare delle sperimentazioni sul campo.