È precisa ed efficace come un intervento chirurgico, ma molto meno invasiva. La radiologia interventistica è una realtà utilizzata da tempo in cardiologia (angioplastica per il trattamento della patologia ischemica da arteriosclerosi o da diabete) e che ora si afferma anche in oncologia. «La Radiologia Interventistica», ha spiegato Franco Orsi direttore della neonata Divisione Clinica di Radiologia Invertentistica dell’Istituto Europeo di Oncologia, «si sta delineando come quarto pilastro delle cure anticancro a fianco di chirurgia, radioterapia e farmaci». In Italia si eseguono ogni anno circa 95mila procedure di radiologia interventistica, ma il numero potrebbe addirittura raddoppiare se questi interventi venissero censiti come le altre attività ospedaliere. Secondo lo studio europeo Unicancer, i ricoveri per interventi di radiologia interventistica quadruplicheranno entro il 2020.
Che cos’è la radiologia interventistica?
La radiologia interventistica nasce per sviluppare tecniche meno invasive rispetto alle metodiche chirurgiche standard, ma capaci di produrre gli stessi risultati clinici. Sotto la guida precisa delle immagini (angiografia, ecografia, tac, risonanza magnetica, fluoroscopia) queste tecniche permettono di effettuare trattamenti mirati raggiungendo la sede della malattia attraverso le vie naturali (sistema urinario, digestivo, vascolare) o con un accesso diretto all’organo malato, risparmiando organi e tessuti sani. «L’obiettivo non è sostituire la chirurgia, ma affiancarla come valida alternativa in particolare quando l’intervento tradizionale non è indicato per le condizioni di salute o l’età del paziente o quando le tecniche standard non possono essere impiegate per mancanza di strumenti e tecnologie».
Le applicazioni in oncologia e in altre patologie
Le applicazioni più significative in oncologia sono:
- il trattamento percutaneo dei tumori epatici, sia primitivi sia metastatici, con la termoablazione;
- il trattamento percutaneo del piccolo tumore renale, grazie al quale è possibile eliminare le formazioni neoplastiche fino a 35 mm;
- il trattamento delle metastasi polmonari nei pazienti critici;
- il trattamento dell’ipertrofia prostatica, con l’embolizzazione.
A parte i tumori, la radiologia interventistica può essere utilizzata nel trattamento dei fibromi uterini; attraverso le arterie uterine si può interrompere il flusso ematico ai fibromi determinandone la morte e quindi il controllo dei sintomi. In questo modo è spesso possibile evitare inutili e dolorose isterectomie, soprattutto nelle donne giovani e ancora fertili. La terapia percutanea di verteroblastica consente di irrobustire le vertebre indebolite dall’osteoporosi (o dal tumore), evitandone il cedimento strutturale. Anche il varicocele maschile può essere trattato con la radiologia interventistica; attraverso i vasi, mediante un minuscolo foro cutaneo, si possono occludere i vasi venosi responsabili del varicocele.
In ambito cardiovascolare, infine, le applicazioni della radiologia interventistica sono numerose e ben consolidate come terapie standard. A parte il trattamento delle stenosi arteriose, merita certamente di essere menzionato il trattamento del “piede diabetico”; grazie alla radiologia interventistica è infatti possibile ristabilire il flusso arterioso periferico evitando la necrosi dell’arto.
Nasce la società scientifica Iesir
Sono davvero tante e importanti le possibilità offerte dalla radiologia interventistica, e tanti sono gli ospedali italiani nei quali ogni giorno non viene eseguita almeno una procedura di questo tipo. Eppure i pazienti candidabili a questo tipo di interventi mininvasivi spesso non ne conoscono l’esistenza, quindi perdono possibilità di cure, in molti casi salvavita. Persino chi ha già usufruito di queste terapie non di rado ne ignora il ruolo nel proprio iter di cura e non conosce neppure l’identità di chi l’ha curato. Forse la ragione va ricercata nel fatto che almeno in metà dei casi i centri di radiologia interventistica sono collocati all’interno della radiologia diagnostica, e meno di un centro su 10 (9%) ha una sua autonomia operativa e gestionale. Proprio per dare corretta collocazione operativa e gestionale dei pazienti, Ieo ha deciso di aprire una Divisione Clinica gestita da radiologi interventistici, che valuteranno i pazienti, definiranno in un contesto multidisciplinare gli interventi da fare, tratteranno e poi dimetteranno i pazienti. Tuttavia la diffusione della Radiologia Interventistica come alternativa terapeutica efficace e accessibile a tutti i pazienti a cui è indicata non avverrà finché non ci sarà un riconoscimento ufficiale come disciplina clinica autonoma. «Anche per questo, insieme al reparto, Ieo inaugura la Società Italo-Europea di Radiologia Interventistica (Iesir), allineandosi al resto dell’Europa», ha spiegato Franco Orsi. L’Italia, fino a oggi, era infatti l’unico Paese europeo a non avere una società scientifica dedicata. «Iesir nasce a tutela dei medici radiologi interventisti, il cui ruolo deve essere riconosciuto e riconoscibile, e a tutela dei pazienti», ha dichiarato Anna Belli, presidente della Iesir.
Quale sarà il prossimo passo? «Fondare una scuola di specialità dedicata», ha concluso Orsi.
Tiziana Azzani