Il censimento annuale condotto da AIRO – Associazione Italiana di Radioterapia e Oncologia Clinica ha registrato 183 centri di radioterapia tra pubblico e privato convenzionato, con sofferenza però al Sud e nelle Isole; 185 unità di radioterapia al Nord (pari a 7,9 unità per milione di abitanti), 137 al Centro (7,6) e 108 al Sud (5,7).

Sono attivi 377 acceleratori lineari e 53 unità di radioterapia in grado di eseguire trattamenti con tecnologie ad alta complessità, quali: trattamenti volumetrici elicoidali (30 unità), radiochirurgia con Cyberknife e Gamma Knife (17 unità) e 4 centri con acceleratori ibridi a RM.
A questi si aggiungono i due centri di adroterapia di Trento e Pavia.

Oltre alle 430 macchine per radioterapia a fasci esterni, sono presenti in Italia 36 unità per radioterapia intraoperatoria (IORT) e 69 per brachiterapia ad alto e basso dosaggio.

«Nord e Centro sono in linea con l’Europa, ma al Sud si riscontra una criticità qualitativa e quantitativa delle macchine e delle unità di radioterapia», ha dichiarato Vittorio Donato, direttore del Dipartimento di Oncologia e Medicine Specialistiche, direttore della Divisione di Radioterapia dell’AO San Camillo Forlanini di Roma e presidente di AIRO.

Oggi la radioterapia è indicata in circa il 50-60% dei pazienti oncologici (nel 2019, 230.000 pazienti sui 371.000 nuovi casi), ma entro il 2025 i pazienti con indicazione per i trattamenti radianti aumenteranno del 15%, di qui la necessità di investimenti che permettano di arrivare ad almeno 8-9 macchine per milione di abitanti e di rinnovare i macchinari obsoleti.

Ciò vorrebbe dire portare il numero delle unità attive dalle attuali 430 a 510.
Indicativamente, una macchina tratta in un anno 450 pazienti, secondo il benchmark stimato a livello europeo dallo studio EORTC-QUARTS e confermato dallo studio ESTRO-HERO della Società Europea di Radioterapia Oncologica; tuttavia molti di questi pazienti non accedono alla radioterapia per vari motivi (mancanza di personale, inattività o carenza dei macchinari, liste d’attesa).

Un altro aspetto cruciale emerso dal censimento AIRO è la necessità di svecchiare il parco macchine: il 29% è in funzione da più di 12 anni.

«C’è un’esigenza stringente di rinnovare il parco macchine in tempi brevi perché un adeguato supporto tecnologico migliora i vantaggi per i pazienti e riduce i tempi di trattamento.
Occorre quindi sensibilizzare i decisori politici e i direttori generali delle aziende sanitarie a investire in una terapia altamente tecnologica e curativa, oltre che poco costosa (la spesa per la radioterapia è la più bassa in oncologia: circa il 3-4% dei costi totali)».

Il concetto di obsolescenza riferito a un’apparecchiatura sanitaria comprende l’aspetto tecnico e l’aspetto funzionale.

L’obsolescenza tecnica può essere valutata sulla base di vari parametri, tra cui principalmente l’anzianità di servizio giudicata in rapporto a quella di apparecchiature della stessa tipologia in un parco macchine di riferimento (per esempio, le apparecchiature installate in una stessa Regione), l’affidabilità, stimata sulla base del valore storico di giorni annui di fermo macchina per attività di manutenzione correttiva, e la disponibilità dei ricambi.

L’obsolescenza funzionale, invece, va intesa come capacità della macchina di svolgere le funzioni cliniche alle quali è destinata e coinvolge, dunque, parametri attinenti alla tipologia e all’appropriatezza di utilizzo dell’apparecchiatura, oltre all’efficacia clinica in rapporto a quelle disponibili allo stato dell’arte e analoghe per caratteristiche.

AIRO sottolinea, infine, come negli ultimi decenni la figura del radioterapista abbia conquistato un ruolo di primo piano all’interno del team multidisciplinare – composto da oncologo radioterapista, fisico medico, statistico sanitario, ingegnere biomedico, tecnici di radioterapia, infermieri dedicati – in un dialogo costante sulle scelte terapeutiche riguardanti il paziente e che sono integrate e condivise.