Radioterapia stereotassica e ipofrazionamento post chirurgico

Il ricorso a poche sedute di radioterapia stereotassica ad alte dosi è uno standard della pratica clinica per i pazienti oncologici non operabili e consente di incidere sul tumore necrotizzandolo e impattando meno sulla qualità di vita.
Nei pazienti operati, invece, si tende ancora a preferire protocolli più tradizionali, che implicano la somministrazione di dosi radianti cinque volte la settimana per sette settimane. Si teme, infatti, che dosi elevate somministrate in un breve periodo possano provocare maggiore tossicità, dato che i tessuti sono resi più sensibili dal trauma chirurgico.

Tuttavia, per chi vive lontano dal centro radioterapico oppure è anziano e fragile può essere troppo impegnativo sopportare gli spostamenti necessari, di cui a volte l’interruzione del trattamento, con conseguenze anche gravi.

I risultati di uno studio multicentrico italiano, guidato dal prof. Stefano Arcangeli, direttore della U.O. di Radioterapia dell’ASST di Monza e professore associato di Diagnostica per Immagini e Radioterapia presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, potrebbero cambiare le prospettive.
I ricercatori hanno dimostrato che è possibile effettuare un trattamento di radioterapia postoperatoria per recidiva biochimica dopo prostatectomia per carcinoma prostatico con sole cinque applicazioni, richiedendo quindi una sola settimana.

Lo studio POPART (Post-prostatectomy ablative radiation therapy: a multicentric prospective Italian trial) – al quale hanno collaborato anche l’Ospedale Papa Giovanni XXXIII di Bergamo e l’Istituto clinico Irccs Humanitas di Rozzano (MIi) – ha coinvolto trenta pazienti, nessuno dei quali ha manifestato effetti collaterali da tossicità superiori al secondo grado.
Solo tre hanno sperimentato effetti avversi di primo grado e ventotto erano stabili a tre mesi dal trattamento, mentre due hanno sviluppato progressioni tumorali in siti differenti.

La qualità di vita è restata invariata e in generale buona in tutti i soggetti coinvolti, a indicare che il protocollo adottato non ha inciso negativamente sulla loro quotidianità.

«Se i risultati osservati saranno confermati a lungo termine», sottolinea il prof. Arcangeli, «tale approccio sarà particolarmente vantaggioso per la sostanziale riduzione del numero di accessi in reparto di pazienti e caregiver, contribuendo a diminuire molto lo stress legato a lunghi cicli di terapia e favorendo un rapido ritorno alla quotidianità.
Non da ultimo, il rapido turnover della lista d’attesa, reso possibile dalla brevità dei trattamenti, può assicurare un’assistenza più rapida ed efficiente».

I risultati di questo studio hanno anche importanti ricadute organizzative per le strutture sanitarie, dato che queste avrebbero a disposizione nuovi posti per la radioterapia ogni settimana.

(Lo studio: Lucchini, R. et al. Acute Toxicity and Quality of Life in a Post-Prostatectomy Ablative Radiation Therapy (POPART) Multicentric Trial. Curr. Oncol. 2022, 29, 9349–9356. https://doi.org/ 10.3390/curroncol29120733)

Stefania Somaré