Rapporto I-Com: a rischio la competitività del SSN

Young clinician representative advising to consider the cost versus value of medicine. Health care concept for economic cost-effectiveness analysis, driving down medical costs, improved access.

Il rapporto annuale dell’Istituto per la Competitività, I-Com, dedicato alla sanità, richiama l’attenzione sulla competitività del SSN.
Tra i fattori frenanti dello sviluppo vi sono i tetti alla spesa farmaceutica, il payback e la lentezza dell’iter approvativo degli studi clinici. Tra patologie croniche in crescita e operatori sanitari pubblici in calo, è cruciale il ruolo del PNRR.

Tetti alla spesa farmaceutica, payback, difficoltà nel trovare modelli finanziari adeguati, mancata preparazione circa l’applicazione del nuovo Regolamento europeo sulle sperimentazioni cliniche unitamente al lento e difficoltoso iter di approvazione degli studi clinici rappresentano fattori di freno al processo di innovazione del SSN, come evidenziato dal report annuale I-Com dedicato alla salute dal titolo “Salute e competitività. Strategie e investimenti per vincere le sfide del recovery e della crescita”, presentato lo scorso novembre a Roma.

I tetti di spesa

Uno dei più evidenti elementi di freno alla competitività dell’Italia, anche alla luce dei cambiamenti introdotti dalla pandemia da Covid-19, è legato ai vincoli di spesa, il cui sfondamento è ormai strutturale, unitamente al payback – che obbliga le aziende a pagare il 50% dello sfondamento – e a modelli finanziari rigidi e obsoleti di fronte alla crescente innovazione scientifica, che rallentano l’adozione di soluzioni volte a garantire un accesso veloce ed equo alle cure da parte dei cittadini.

Il meccanismo dei sylos non impatta infatti soltanto sulla filiera farmaceutica ma sull’intero comparto, in un momento in cui il SSN dovrebbe essere sottoposto ad una riorganizzazione in chiave di sostenibilità anche grazie ai fondi stanziati dal PNRR.

Il Fondo Sanitario

Un altro elemento di riflessione è il finanziamento stesso della sanità. La legge di bilancio 2022 – sottolinea il rapporto I-Com – ha previsto un aumento del fabbisogno sanitario nazionale pari all’1,5% per il 2022, al 3,4% per il 2023 e al 5,1% per il 2024.

Tuttavia, poiché l’incidenza della spesa sanitaria arriverebbe a valere il 6,3% del PIL nel 2024 (una percentuale inferiore a quella del 2019), l’aumento delle risorse per il finanziamento del fabbisogno nazionale standard non sembra dare luogo a un effettivo rafforzamento strutturale del SSN, ma piuttosto confermare la precedente dinamica di allocazione delle risorse.

Inoltre, il nuovo documento di economia e finanza DEF 2023-2025 conferma le preoccupazioni, mostrando per gli anni a venire una riduzione della spesa sanitaria sul PIL che andrà a pesare, nel 2025, per solo il 6%.

Lo scorso anno, inoltre, la spesa farmaceutica totale è stata pari a 32,2 miliardi di euro, in aumento del 3,5% rispetto al 2020 e corrispondente all’1,9% del PIL, ma con una copertura del comparto pubblico di poco inferiore al 70%, seppure in crescita del 2,6% rispetto al 2020.

L’impianto regolatorio

Stando al report I-Com, a frenare lo sviluppo concorre un impianto normativo e regolatorio non adeguato alle necessità del settore. Ne è un esempio il processo, non concluso, di allineamento al Regolamento europeo in materia di sperimentazioni cliniche, da attuare comunque entro gennaio 2025.

Alcuni Paesi hanno, invece, messo in atto una profonda revisione e semplificazione del proprio apparato regolatorio, lo stesso non è accaduto in Italia e dopo otto anni dalla deliberazione della nuova normativa europea, l’Italia non ha ancora emanato i necessari decreti attuativi.

Ne consegue che la spesa per R&D in Italia si attesta all’1,86% del PIL, molto al di sotto di quella dei principali Paesi UE. Idem per i trial clinici: in Italia 3,14 per 100mila abitanti, a fronte di una media UE di 5,43.

Le cronicità e il personale sanitario

A ciò si aggiunge che nel nostro Paese, a fronte del progressivo invecchiamento della popolazione, ci si scontra con un numero sempre crescente di soggetti affetti da comorbidità: l’essere soggetti a due o più malattie croniche è una condizione che riguarda ormai il 13% degli over 75 e il 3% della popolazione complessiva.

Di contro, il personale sanitario pubblico è in calo. Per le professioni infermieristiche, nel 2022 il 26% dei posti resta scoperto, contro il 19% del 2013. Nel 2021 oltre 2.800 medici si sono licenziati dal SSN, ovvero il 2,9% del personale ospedaliero e la quota di medici di medicina generale su 10.000 abitanti si è ridotta del 5% dal 2015.

Il ruolo del PNRR

A fronte di questa situazione, il PNRR gioca un ruolo cruciale, con uno stanziamento di 15,6 miliardi di euro per la Missione 6 Salute e fondi stanziati su altre missioni che comunque impattano il comparto. Lo studio evidenzia come risulti prioritario intervenire definendo il fabbisogno dei fattori produttivi – capitale e lavoro – necessari alla tenuta del SSN.

«Solo così sarà sensato stimare la spesa sanitaria pubblica corrente che, a regime, dovrà essere allocata per finanziare in modo strutturale l’attività del SSN. Questo risponde, d’altra parte, alla necessità di rilanciare la riforma del SSN in un’ottica di medicina di popolazione, dichiaratamente voluta dalla riforma dell’assistenza sanitaria territoriale e non solo» si legge nel rapporto.

Il giudizio delle aziende sulla Missione 6 Salute

Il giudizio delle aziende del settore intervistate da I-Com circa gli interventi della Missione 6 Salute, è complessivamente positivo, anche se permangono, stando alle imprese, ostacoli agli investimenti, in primis il grado di industrializzazione, la domanda interna, la dinamica del PIL, gli investimenti privati in Ricerca e Sviluppo e le infrastrutture fisiche.

Risulta condiviso che il PNRR avrà un impatto positivo sul sistema della ricerca, sulle infrastrutture fisiche e sulle politiche fiscali.
Le aziende sono comunque scettiche circa la capacità di questi interventi di influenzare il quadro regolatorio e normativo o i processi della PA.

A preoccupare, inoltre, gli effetti sulla filiera della salute derivanti dall’aumento dei costi energetici e delle materie prime, oltre allo spettro della recessione economica. Rispetto al mondo del farmaco, vengono evidenziate nel rapporto le buone pratiche come le rolling review che, soprattutto in tempo pandemico, hanno consentito di accelerare le valutazioni di trattamenti promettenti.

Elena D’Alessandri