Il 23 luglio scorso si è svolto un confronto sui possibili progetti di cambiamento in ambito oncologico. Queste tematiche, rese più urgenti e attuali dalla difficile esperienza cui ci ha costretto il Covid-19, verranno sviluppate in modo più dettagliato ed esaustivo durante il prossimo Cracking Cancer 2020, in programma il 12 e 13 novembre, il cui obiettivo sarà anche condividere 7 progetti che interesseranno Toscana, Veneto e Campania.

Il Cracking Cancer Forum è un progetto nato nel maggio 2019, con l’obiettivo di scardinare i vecchi paradigmi rispetto al cancro. Nella prima partecipatissima edizione a Firenze si era cercato di dare vita a un dialogo sulle tematiche della cura in ambito oncologico in cui venissero coinvolti tanto gli specialisti della medicina, come oncologi e ricercatori, quanto giornalisti e sociologi, esperti di comunicazione e istituzioni, rappresentanti di associazioni professionali e di cittadini, farmaco-economisti ed esperti di innovazione, al fine di generare una nuova prospettiva sociale e culturale per affrontare le neoplasie.

In quell’occasione era stato anche presentato un manifesto in 10 punti che sottolineava l’importanza di garantire le cure a tutti, che desse una reale attenzione alla persona, che superasse le specificità di ogni singola Regione in ambito sanitario rafforzando le reti regionali, puntando al contempo su ricerca e innovazione e sulla prevenzione e corretti stili di vita come obiettivo politico e sociale.

Oggi, a quasi un anno e mezzo da quel primo appuntamento e in vista del Forum 2020, l’Italia, così come il mondo intero, è stata duramente colpita dal Covid, costringendo a un tempestivo ripensamento dei percorsi di assistenza e cura.

«La lezione del Covid ci è servita per ripensare l’assistenza oncologica in Italia, e non solo. Ora è importante sfruttare l’emergenza per rendere più sensibile la classe politica su questi temi», ha sostenuto in apertura Pier Franco Conte, della Rete Oncologica del Veneto nonché direttore dell’Oncologia Medica dello IOV di Padova. Emerge comunque l’importanza di una collaborazione costruttiva tra aziende e pazienti. Il Covid è stato un acceleratore di un’unione che, diversamente, avrebbe richiesto tempi più lunghi.

Tra reti oncologiche e medicina territoriale

Tra i temi principali dell’incontro un’analisi della situazione effettiva delle reti oncologiche italiane concentrata, in particolare, sulla loro capacità di reagire durante la fase più acuta dell’emergenza, unitamente all’idea, sempre più concreta, di sviluppare una medicina oncologica territoriale.

«Le reti sono oggi più che mai importanti per rispondere alle esigenze del paziente. Quanto all’idea di trasferire il paziente oncologico sul territorio non solo per il follow-up ma anche per alcuni percorsi di cura, questo non era immaginabile fino a poco tempo fa.
Da una parte occorre lavorare sul territorio per spostare presso il domicilio del paziente tutti quei trattamenti considerati a basso carico assistenziale, dall’altra insistere sull’importanza di innovazione, ricerca, telemedicina e medicina personalizzata.
I 3,5 milioni di pazienti oncologici italiani non possono pesare tutti sulle strutture ospedaliere, sia per evitare la congestione delle stesse, sia per il benessere dei pazienti», ha sostenuto con convinzione Gianni Amunni, della rete oncologica della Toscana nonché direttore generale dell’ISPO.

Conte ritiene che le sfide per il sistema siano oggi tre: la telemedicina, una più approfondita profilazione dei tumori che vada sempre più nella direzione di una medicina personalizzata, unitamente a un numero sempre crescente di evidenze prodotte dalla pratica clinica.
Paolo Pronzato, della Rete Oncologica della Liguria e direttore dell’Oncologia Medica dell’Ospedale San Martino di Genova, ritiene di grande importanza attivare una discussione che porti a un cambiamento del modello di gestione dei pazienti con il cancro; osserva tuttavia che la cura delle patologie oncologiche è ancora oggi ospedalecentrica.

«I risultati dimostrano che la vita dei pazienti oncologici è migliorata grazie a un arricchimento delle cure ospedaliere, mediche e infermieristiche, e non grazie a un loro impoverimento. Prima di smantellare questo modello è dunque opportuno creare un’alternativa valida. Per quanto attiene alle reti è fondamentale che sopra le singole reti regionali vi sia una “rete delle reti” in grado di armonizzare i percorsi e gestire lo scorrimento da una Regione all’altra».
Tutti i relatori hanno condiviso la necessità, per una rimodulazione dei percorsi di assistenza e cura dall’ospedale al territorio, di un’efficace digitalizzazione dei processi, implementata dalla telemedicina.

Gli investimenti

Di fronte alla questione cruciale di dove concentrare gli sforzi a livello di investimenti nel settore oncologico, è necessario investire in una riforma di sistema, facendo rete anche con le aziende.
In particolare, ha aggiunto Amunni, «la tecnologia avanza se anche la logistica di rete avanza, diversamente tutto questo si traduce in investimenti incapaci di produrre risultati».
La cooperazione deve quindi viaggiare su due filoni cruciali, la ricerca e l’assistenza, senza mai dimenticare la centralità del paziente, obiettivo ultimo di qualsiasi processo.

Elena D’Alessandri