Non solo riabilitazione respiratoria, sono molte le esigenze dei pazienti Covid-19 che escono dalla Terapia Intensiva o Subintensiva.
L’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano ha attivato un reparto dedicato a loro.

Già lo 21 aprile AIPO-ITS (Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri-Italian Thoracic Society), SIP/IRS (Società Italiana di Pneumologia), AIFI (Associazione Italiana Fisioterapisti) e ARIR (Associazione Riabilitatori dell’Insufficienza Respiratoria) avevano formato un Gruppo di Lavoro per supportare la prevenzione, la cura e la riabilitazione dei pazienti Covid positivi.

Uno degli obiettivi del Gruppo è stratificare la popolazione dei pazienti in base alle specifiche esigenze di cura, personalizzando interventi, modalità e sedi, alla luce delle migliori conoscenze scientifiche.

In quell’occasione le stesse associazioni hanno chiesto al Ministero della Salute e alla Commissione Salute della Conferenza delle Regioni di istituire un tavolo tecnico dedicato a questo tema e alla ideazione di percorsi dedicati.

La riabilitazione rappresenta certamente una fase fondamentale del percorso di cura di questi pazienti sia in fase acuta e sub-acuta sia in fase post guarigione.
La maggior parte dei pazienti che contraggono l’infezione, sono soggetti fragili.

«Molti dei pazienti che sviluppano le forme più gravi sono affetti da comorbidità, quali diabete, ipertensione arteriosa, patologie cardio-vascolari, a cui si sovrappongono le complicanze di un prolungato allettamento.
I pazienti si presentano astenici, con un’importante riduzione della massa muscolare e spesso non sono in grado di deambulare in autonomia», sottolinea Paola Castellazzi, fisiatra dell’Unità di Riabilitazione Specialistica Disturbi Neurologici Cognitivi e Motori del San Raffaele.

C’è poi un altro aspetto da considerare: è noto che il Covid-19 determina problematiche non solo a livello polmonare, ma anche ad altri organi.

«Studi presenti in letteratura mostrano che la malattia da Covid-19 è una patologia multisistemica. I pazienti non solo presentano problematiche di carattere respiratorio, ma spesso evidenziano anche disturbi a livello cardiaco, vascolare, neurologico e neuro-cognitivo.
Da questa consapevolezza è derivata l’apertura di un reparto di Riabilitazione con 25 posti letto per aiutare il paziente a 360° nel recupero dell’autonomia».

Rinforzo muscolare e respiratorio, ma non solo

Una volta che il quadro clinico si stabilizza (il paziente viene estubato o svezzato dalla ventilazione non invasiva), il paziente ancora positivo viene trasferito nel reparto di Riabilitazione Specialistica Covid.
Qui un’équipe multidisciplinare effettua una valutazione completa per rilevare le eventuali menomazioni e bisogni del paziente e quindi definire il percorso riabilitativo.

«L’équipe è formata, oltre che da fisiatri e fisioterapisti, da neurologi, cardiologi, psichiatri, otorinolaringoiatri, neuropsicologi, nutrizionisti e logopedisti. Vi è stretta collaborazione con infettivologi, anestesisti rianimatori e internisti dei reparti Covid sub-acuti.
Alla luce delle eventuali disabilità e abilità residue del paziente, definiamo un progetto riabilitativo individuale, condiviso con tutte le figure professionali del reparto.

Ogni paziente riceve due trattamenti di fisiochinesiterapia al giorno. Se è ancora in ossigenoterapia, l’obiettivo principale è svezzarlo e migliorare la resistenza allo sforzo.
Un altro obiettivo del trattamento fisioterapico è il recupero stenico globale. Si eseguono esercizi di rinforzo della muscolatura degli arti, ma anche della muscolatura coinvolta nella fonazione/respirazione e deglutizione.

Questi pazienti sono facilmente affaticabili, spesso non sono più autonomi nei trasferimenti posturali e nella deambulazione, è quindi fondamentale il ricondizionamento allo sforzo, che otteniamo con l’uso di ausili e strumenti della palestra, momentaneamente collocati nelle stanze dei pazienti.

Di sostanziale importanza è il ruolo del nutrizionista, che redige un MUST (Malnutrition Universal Screening Tool) per ciascun paziente e imposta un adeguato piano nutrizionale.
Questo reparto lavora 7 giorni su 7. Seguiamo attentamente tutti i pazienti, li sottoponiamo a regolari controlli laboratoristici e clinico-strumentali».

Un altro supporto importante è quello psicologico.
Si tratta, infatti, di pazienti degenti in ospedale da molte settimane, lontano dai propri cari; hanno sofferto e, in alcuni casi, hanno rischiato di morire.
La degenza dura in media 10-15 giorni, il paziente viene dimesso al domicilio con una visita di controllo a un mese.
Quando, infine, le condizioni sono migliorate e vengono soddisfatti i criteri di dimissibilità forniti da Regione Lombardia, i pazienti possono tornare a casa.

«I pazienti dimessi da questo Reparto vengono dopo un mese. Per alcuni di loro il percorso riabilitativo proseguirà in regime ambulatoriale», sottolinea Castellazzi.

Allo stato attuale è ancora difficile definire quali siano gli eventuali esiti della malattia a livello polmonare; saranno necessari ulteriori studi di imaging e follow-up a distanza di tempo per poterli meglio definire.

«Sarà certamente interessante constatare, a distanza di settimane e poi di mesi, l’evoluzione/involuzione del quadro polmonare di questi pazienti, sia a livello radiologico sia soprattutto a livello funzionale».

Stefania Somaré