Sanità digitale, nuovi scenari in medicina generale e specialistica

La pandemia ha provocato un’accelerazione nell’applicazione della tecnologia in ambito sanitario, ma non sempre in modo uniforme e coordinato.
Il salto nel futuro è un processo complesso, fatto di algoritmi, intelligenza artificiale e moderne piattaforme software sottoposte a certificazione di idoneità.
I risultati di cui potranno beneficiare clinici e cittadini saranno un rafforzamento della medicina del territorio, che inizierà dall’abitazione del paziente mediante sistemi di monitoraggio, prevenzione, supporto fisico.

Affinché questi strumenti diventino realtà e i fondi del PNRR siano correttamente investiti, è però indispensabile una sinergia tra gli stakeholder coinvolti nel processo. Istituzioni nazionali e locali, società scientifiche, medicina generale e specialistica, aziende dovranno collaborare per mettere insieme una cornice normativa, know-how, conoscenze scientifiche, radicamento sul territorio.

Gli sforzi si dovranno concentrare su alcuni ambiti: attività sanitarie a distanza; nuovi sistemi digitali per telemedicina, terapie digitali, teleriabilitazione, medicina personalizzata; nuovi metodi di analisi della complessità dei sistemi biologici; nuovi sistemi digitali per condurre le sperimentazioni cliniche.

Di tutto questo si è parlato nel corso dell’evento “Digital health: nuovi scenari per la Medicina Generale e Specialistica”, che rientra nel ciclo di incontri “La sanità che vorrei”, organizzati presso il Ministero della Salute e promossi da SIMIT con SIGOT, SIMG e SIT.

La sanità digitale si compone di vari elementi, spesso interpretati con la telemedicina, che ne rappresenta però solo una sfaccettatura, forse l’aspetto più evidente di un meccanismo ampio e complesso che vi è dietro.

«La tecnologia in medicina significa tanto robotica, chirurgia di precisione e strumenti complessi, quanto interventi quotidiani sulla logistica e sulla diagnostica», spiega il prof. Antonio Gaddi, presidente della SIT. «Vanno coinvolte figure professionali di varia estrazione e con lunga esperienza, così da coniugare letteratura scientifica ed esperienza pratica e svolgere una funzione di collante tra realtà pubbliche e private.

In quest’ottica la SIT è già molto attiva: poche settimane fa abbiamo promosso un accordo quadro insieme al Consorzio Interuniversitario CINECA, l’Istituto Nazionale Fisica Nucleare e l’Istituto Superiore di Sanità per far convergere diverse forze sui temi della salute. Inoltre, a marzo 2023, in occasione della International Bologna Consensus Assembly on Telemedicine sarà annunciato un documento unitivo tra medici, imprese e istituzioni per capitalizzare questo impegno».

Un esempio ben riuscito e replicabile di tecnologia applicata alla sanità è quello realizzato presso il Policlinico di Tor Vergata, dove è stato adottato un software per combattere i batteri multiresistenti agli antibiotici e le infezioni correlate all’assistenza, fenomeni in grande crescita e tra le principali preoccupazioni per i prossimi decenni.

«Presso il Policlinico di Tor Vergata», ha spiegato il prof. Massimo Andreoni, ordinario di Malattie Infettive presso l’Università Tor Vergata di Roma, «è stata messa a punto una piattaforma in cui vengono inseriti tutti i fattori utili per diminuire la resistenza dei germi e per capire quale fattore abbia provocato l’aumento della resistenza.
È un progetto molto ambizioso, ormai la piattaforma è funzionante e potrà dare elementi importanti per capire questo fenomeno e dare strumenti su come combatterlo, offrendo anche ad altre strutture un modello riadattabile».

La digitalizzazione riguarda da vicino tutti i medici, che presto dovranno adottare questi nuovi strumenti. In particolare, in virtù della normativa europea adottata il 5 agosto 2022 in Italia che sarà obbligatoria da maggio 2024, anche per i software ad uso del personale medico si applica una certificazione Ce-MDR al pari di qualunque altro dispositivo medico come per esempio un elettrocardiografo o una Tac, ma con un livello di complessità non comparabile, in quanto produrre un software MDR, certificarlo secondo la norma e permettergli di evolvere, ha un livello di complessità industriale incommensurabile.

Non sarà più possibile usare all’interno della pratica professionale strumenti che non siano allineati a queste indicazioni, altrimenti si correrà il rischio di subire delle sanzioni, che potranno coinvolgere sia i medici utilizzatori che gli stessi produttori di software.

In sintesi, occorrerà disporre di un software certificato di classe IIx, che comporta un processo produttivo molto complesso e l’intervento di un ente terzo notificato quale certificatore. Prima azienda in Italia che ha raggiunto questi standard è Dedalus Group, principale fornitore di software clinico e diagnostico in Europa. La creazione di un “Quality Assurance e Regulatory Affairs team” con un ingente numero di risorse dedicate testimonia lo sforzo di Dedalus Italia per perseguire questo obiettivo.

«L’evoluzione degli strumenti viene pensata e aggiornata in accordo con le esigenze della comunità scientifica», sottolinea Giorgio Moretti, presidente Gruppo Dedalus. «Abbiamo la consapevolezza di detenere innovazioni di prodotto sempre più mature grazie ad un progresso metodologico, funzionale e tecnologico.
Con questi strumenti unici al mondo si garantisce a clinici e infermieri la reale disponibilità della conoscenza medica applicata durante le attività quotidiane, offrendo soluzioni in linea con le nuove normative che richiedono un software certificato di classe IIx, che comporta un processo produttivo molto complesso e l’intervento di un ente terzo notificato quale certificatore».