Screening del tumore del colon-retto: primo network italiano

Enhanced Recovery After Surgery: primo network italiano
Roberto Persiani

Oggetto della campagna preventiva di screening, il tumore del colon-retto è considerato il secondo tumore maligno per incidenza e mortalità nella donna e il terzo nell’uomo.
In genere esordisce intorno ai 60 anni d’età, anche se il picco di incidenza si ha verso gli 80. In Italia si stima che colpisca circa 40.000 donne e 70.000 uomini ogni anno. Il trattamento di elezione è quello chirurgico che ha l’obiettivo di asportare il tumore stesso.

Per migliorare questo momento e garantire maggiori benefici ai pazienti, meno complicanze e meno dolore, in Regione Lazio è stato introdotto il programma ERAS (Enhanced Recovery After Surgery) per la gestione di questa patologia come strumento condiviso da molti centri ospedalieri. ERAS è infatti un programma che consiste nell’organizzare tutti gli aspetti che ruotano intorno all’atto chirurgico al meglio, dalla preparazione del paziente nelle settimane precedenti, alla scelta dell’anestesia passando dalla parte clinica, per arrivare al periodo post operatorio. Alla base dell’approccio c’è un team multidisciplinare di cui fanno parte chirurghi, anestesisti, infermieri, dietisti e fisioterapisti che mira a conservare il più possibile l’integrità fisica e funzionale dell’organismo.
Importante in questo senso anche il ruolo del paziente che viene coinvolto in prima persona a prendersi cura di sé per migliorare gli esiti operatori e anche il recupero successivo e quello della sua famiglia che, sentendosi parte del processo, riesce a gestire al meglio anche l’ansia e la difficoltà del momento. Nasce quindi l’ERAS Lazio Network, di cui la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma è uno dei centri promotori.

Spiega il professor Roberto Persiani, responsabile UOS Chirurgia Oncologica Mininvasiva del Gemelli: «l’ERAS Lazio Network è il primo esempio italiano di gruppo di lavoro costituito da diversi centri nella Regione Lazio il cui obiettivo è valutare la diffusione delle linee guida ERAS e dei risultati derivanti dalla loro adozione. Il Policlinico Gemelli di Roma ha adottato questo protocollo nella chirurgia colon-rettale a partire da gennaio 2016.
Inoltre, nel 90% dei casi si utilizza un approccio chirurgico mininvasivo, che in base agli indiscussi vantaggi in termini di riduzione del dolore postoperatorio, ridotta necessità di farmaci analgesici e più breve degenza ospedaliera, rappresenta per il paziente un ulteriore elemento per amplificare gli effetti positivi del protocollo ERAS. Quello che abbiamo osservato, in poco meno di due anni, è una significativa riduzione dei giorni di degenza post operatoria e delle complicanze. Attraverso un’analisi proiettiva, abbiamo stimato che l’adozione del programma ERAS può portare a un risparmio di quasi 4 milioni di euro ogni 1.000 pazienti, saving che può essere reinvestito in altre aree che lo richiedono».

Ciò sembra dimostrare che ERAS fa bene non solo ai pazienti, ma anche alle casse della sanità italiana, secondo il professor Rocco Bellantone, preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica.

«Il protocollo ERAS, oltre che un’evoluzione, rappresenta una rivoluzione nell’ambito delle scelte cliniche basate sull’evidenza scientifica e nell’approccio ai pazienti e ai loro familiari attraverso una reale presa in carico collegiale da parte di tutti i professionisti coinvolti nel processo di cura, e non più separatamente ciascuno in rapporto alla propria specifica competenza.
In un policlinico universitario come il Gemelli che ha quale sua missione anche la formazione dei medici e dei chirurghi del futuro, l’adozione del protocollo ERAS ha un impatto positivo sulla crescita professionale dell’équipe clinica e sulla qualità delle cure offerte».

Del Network, oltre al Gemelli, fanno parte anche l’Azienda Ospedaliera Sant’Andrea, il Policlinico Casilino ASL RMB, San Giovanni Addolorata Hospital, il Campus Biomedico University, l’Ospedale San Paolo di Civitavecchia, l’Ospedale Cristo Re di Roma e il S. Eugenio Hospital.

Stefania Somaré