Il carcinoma basocellulare e il carcinoma squamocellulare cutaneo sono i due tumori della cute più comuni, ma anche i meno conosciuti e per i quali c’è bisogno di facilitare il confronto per un quadro diagnostico completo ed efficace.
I tumori della cute cosiddetti non melanoma skin cancer (NMSC) sono tra le patologie oncologiche più diffuse. Con incidenza in continua crescita, possono colpire soggetti di qualsiasi età, soprattutto avanzata, spesso affetti da altre patologie concomitanti e sono causa di decine di migliaia di interventi chirurgici e decessi ogni anno.

In Italia, i non melanoma skin cancer sono il 15,2% del totale dei tumori negli uomini, mentre tra le donne sono il 14,8% dei casi di tumore, al secondo posto dopo il carcinoma mammario. Il carcinoma basocellulare è la forma tumorale più frequente in assoluto, con un’incidenza media annuale di circa 100 nuovi casi ogni 100.000 abitanti. Il carcinoma squamocellulare è, invece, circa il 25% dei tumori cutanei, con 20 nuovi casi su 100.000 abitanti ogni anno.

Al di fuori dei centri d’eccellenza, pochi hanno conoscenza ed esperienza consolidate e così una minoranza di pazienti riceve diagnosi tardive che evolvono verso fenotipi più aggressivi e necessitano di interventi specifici e rapidi.
Per questi sottogruppi si può fare di più: nello scenario attuale si affacciano nuove e importanti prospettive per la presa in carico di tali pazienti e diventa particolarmente prezioso poter contare sulla disponibilità di una casistica ampia, sulla consulenza da parte dei principali centri d’eccellenza e sulla collaborazione multidisciplinare.

È quanto emerso dai webinar tenutisi gli scorsi 23 giugno e 5 luglio, guidati dalla prof.ssa Concetta Potenza, dirigente medico della UOC di Dermatologia Daniele Innocenzi dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza – Polo Pontino di Latina, dalla dott.ssa Ilaria Proietti, dirigente medico di 1° Livello della UOC di Dermatologia Daniele Innocenzi dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza – Polo Pontino di Latina, Ospedale A. Fiorini di Terracina (Latina), e dal dott. Paolo Ascierto, direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Nazionale Tumori Irccs Fondazione G. Pascale di Napoli, con il contributo non condizionato di Sanofi Genzyme, Divisione Specialty Care.

Nel contesto dei due webinar è stata presentata anche la piattaforma SKINconnecting, «uno strumento che permette uno scambio più intenso tra centri territoriali e centri d’eccellenza sui casi di carcinoma squamocellulare e basocellulare cutaneo, soprattutto nelle forme più avanzate e di difficile gestione», spiega la prof.ssa Potenza. «Per garantire un servizio assistenziale eccellente e tempestivo, è fondamentale condividere il proprio know-how con un team multidisciplinare in grado di fornire un quadro diagnostico e terapeutico il più possibile completo ed efficace».

La piattaforma s’inserisce nel percorso diagnostico e assistenziale delle persone affette da tumore cutaneo non melanoma, affiancandosi alle Reti Oncologiche Regionali, con la missione di facilitare il confronto tra centri territoriali e centri d’eccellenza, tramite la condivisione dei casi clinici e la possibilità di ricevere un referto di consulenza atto a completare il quadro diagnostico-terapeutico in un’ottica multidisciplinare e al fine di indirizzare correttamente i pazienti.

«Una presa in carico vincente deve poter contare sulla disponibilità di una casistica ampia, nonché sulla consulenza dei principali centri d’eccellenza e sulla collaborazione multidisciplinare che coinvolga anche chirurghi, radiologi, dermatologi, nutrizionisti e neurologi, accanto alla Rete Oncologica Regionale», aggiunge il dott. Ascierto. «È evidente che la possibilità di confrontarsi in remoto, senza abbassare gli standard di eccellenza, è un elemento prioritario da alimentare e supportare, specialmente in questo presente digitale».

La collaborazione e il dialogo tra i centri, oltre che garantire al paziente una presa in carico ottimale, ha anche l’obiettivo di sostenere la rete oncologica a livello di sistema, alleggerendo il carico di lavoro delle strutture più affollate, garantendo il superamento delle disomogeneità territoriali e contribuendo al ridimensionamento della migrazione sanitaria.