Il progetto definitivo per l’ampliamento dell’Ospedale Vittore Buzzi di Milano propone soluzioni compositive che esaltano il ruolo degli spazi dedicati ai piccoli pazienti e ai genitori, puntando sull’illuminazione naturale e sulla trasparenza.

arch. Giulio Felli – CSPE
CSPE

«Il nuovo edificio per i reparti a maggiore intensità delle cure è una tappa importante del percorso professionale e disciplinare orientato alle strutture pediatriche, iniziato con l’ospedale Meyer di Firenze» afferma l’arch. Giulio Felli (CSPE Centro Studi Progettazione Edilizia), coordinatore del progetto architettonico definitivo.

Pianta concentrica

Dal punto di vista concettuale, l’edificio è un interessante ibrido che coniuga i vantaggi di una piastra con la necessità dello sviluppo verticale del fabbricato.
«Il progetto preliminare, posto a base di gara, è stato profondamente modificato partendo dall’idea di porre gli spazi di relazione nella zona centrale dell’edificio, come in una piastra. Le prime alternative elaborate configuravano un volume dalla forma ovale, in grado di inserirsi con discrezione e carattere in un contesto densamente edificato quanto anonimo, con un ampio atrio centrale che avrebbe sostituito l’attuale hall d’ingresso all’intero ospedale.

Quell’originaria impostazione è ancora rintracciabile nella disposizione concentrica degli ambienti, che distingue praticamente tutti i livelli accessibili dai pazienti esterni e dai visitatori. La realizzazione di un nuovo spazio d’ingresso è stata invece scartata, a favore dell’articolato volume connettivo con la hall e con il pad. C, che realizza una serie di collegamenti interni coerenti con l’assetto dei processi di cura attuali e futuri, senza interferenze con gli altri flussi.

Le ipotesi iniziali hanno comunque indirizzato in modo deciso lo sviluppo del progetto, specie per quanto attiene l’articolazione degli ambienti e dei percorsi. I nodi della circolazione verticale, al pari dei locali e dei cavedi tecnici, sono infatti distribuiti lungo il perimetro dell’edificio, in modo da liberare la zona centrale di tutti i piani da ingombranti elementi strutturali e dai montanti tecnologici.

Questa impostazione ha permesso di organizzare gli spazi più interni con una notevole libertà compositiva, a vantaggio sia della qualità degli spazi, sia delle esigenze operative dei singoli reparti. A seconda dei casi la zona centrale è infatti dedicata all’accoglienza e all’attesa, oppure è occupata dagli ambienti per le attività sanitarie, che grazie all’inserimento di tre chiostrine dispongono di luce naturale e del riscontro d’aria diretto, aumentando così anche la flessibilità».

L’ospedale luminoso

Il prof. Romano Del Nord – uno dei fondatori del CSPE – pubblicò tempo fa i risultati di una ricerca sulla progettazione degli spazi sanitari per la cura dei bambini (“Lo stress ambientale nel progetto dell’ospedale pediatrico. Indirizzi tecnici e suggestioni architettoniche”, a cura di Romano Del Nord, 2006 – Motta Architettura).

Bozza della pianta per il Pronto Soccorso
CSPE

«È un testo che affronta il tema forse più importante per l’architettura degli ospedali pediatrici, che spesso differiscono da quelli per i pazienti adulti solo per qualche decorazione e immagini ispirate all’immaginario infantile. In realtà i bambini sono estremamente sensibili agli stimoli ambientali: la luce naturale, ad esempio, svolge un ruolo fondamentale per il loro benessere e può costituire un aiuto concreto nel percorso di guarigione.

Accennavo prima alle chiostrine che portano la luce del giorno a tutti i piani dell’edificio, fino al Pronto soccorso (al piano terreno) e alla Diagnostica per immagini (al piano seminterrato): la loro presenza non risponde solo a una mera esigenza connessa all’igiene edilizia.

Studio della pianta per il Pronto Soccorso
CSPE

In tutti i reparti la chiostrina più grande, piantumata alla base, è posta di fronte agli accessi del pubblico e i principali ambienti dedicati ai pazienti e ai genitori, a cominciare dalle aree per il gioco e dai locali per il relax, sono disposti attorno a essa. Le due chiostrine più piccole, invece, sono al servizio degli spazi di lavoro del personale.

In pratica le attività dell’ospedale sono organizzate attorno a queste sorgenti di luce naturale, che accolgono i piccoli pazienti in modo sicuramente più adatto alla loro psicologia, rispetto a una qualsiasi sala d’attesa o a lungo corridoio».

Tranquillità in trasparenza

La luce è indispensabile per vedere e osservare, e l’osservazione è un’attività clinica basilare: al riguardo, i reparti per le cure intensive pediatriche presentano soluzioni inusuali…
«Sempre più spesso si tratta di reparti realizzati all’interno di ambienti in open space, che hanno il vantaggio di permettere un costante controllo visivo e di facilitare alcune operazioni di routine, ma che rispetto all’assetto spaziale di un reparto tradizionale comportano numerosi inconvenienti – dalla pressoché totale assenza di privacy per i pazienti all’elevata rumorosità, fino all’aumento del rischio di trasmissione delle infezioni.

Studio volumetrico
CSPE

In questo caso, d’intesa con i responsabili sanitari, abbiamo cercato di coniugare i benefici di entrambe le soluzioni. Nell’area pediatrica intensiva e sub-intensiva, le camere sono tutte singole ma sufficientemente ampie per accogliere anche un parente, e i divisori rivolti verso le aree di lavoro del personale sono trasparenti e dotati di tende.
Rispetto ai box per cure intensive, le camere sub-intensive sono dotate del servizio igienico, posto a ridosso della parete perimetrale invece che lungo il lato rivolto verso il corridoio, proprio per aumentare l’ampiezza delle vetrate e facilitare così sia la visuale da parte del personale, sia la diffusione della luce del giorno.

Anche in questo caso si tratta di scelte progettuali che, oltre a massimizzare l’illuminazione naturale negli spazi connettivi, considerano in modo positivo la relazione visiva fra il paziente, il genitore e il personale – ovvero non come un’intrusione nella sfera privata dell’individuo ma come un’opportunità per infondere loro sicurezza e tranquillità.

Sul fronte della privacy – conclude l’arch. Felli – considerando la tipologia dei reparti, ci siamo piuttosto preoccupati di limitare l’introspezione dagli edifici circostanti, prevedendo facciate composte da più strati schermanti che rispondono anche allo scopo di moderare l’irraggiamento solare diretto».

Giuseppe La Franca, architetto