Stampa 3D nel medicale. Confronto tra Italia ed estero

Ferdinando Auricchio
Ferdinando Auricchio

Gli ambiti di applicazione della stampa 3D sono davvero parecchi, anche se al momento la situazione italiana, almeno riferita agli ospedali, è ancora acerba: sono poche le realtà ospedaliere dove si utilizza la stampa 3D per ricerca o per altre applicazioni. «I settori del mondo medicale che più conoscono e usano la stampa 3D sono la chirurgia ortopedica, quella maxillo-facciale e l’odontoiatria: per queste specialità sono già attivi alcuni servizi commerciali che realizzano stampe 3D partendo da immagini medicali», interviene Ferdinando Auricchio (nella foto), direttore del Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura dell’Università degli Studi di Pavia e coordinatore delle attività del Proto-Lab, il laboratorio di prototipazione da lui fondato all’interno dello stesso Dipartimento. «In altri ambiti la prototipazione rapida è utilizzata in modo più sporadico: in Italia siamo ancora agli albori, per esempio in campo chirurgico, mentre a livello internazionale si vedono già casi di impiego nell’indagine di patologie rare o casi complessi». In effetti, se si guarda all’estero, la situazione è differente e più movimentata: lo scorso anno in Olanda, per esempio, si è assistito al primo impianto di calotta cranica stampata in 3D con materiale plastico, mentre di recente è stato pubblicato sulla rivista AIP Advances uno studio condotto da Yuanyuan Liu del Rapid Manufacturing Engineering Center dell’Università di Shanghai riguardante la creazione di vasi sanguigni sintetici a tre strati, ottenuti abbinando la tecnica dell’elettrospinning con la stampa 3D. Vasi che in un futuro non lontano probabilmente potranno essere impiantati in un essere umano, magari a seguito di by-pass. L’interesse intorno alla tecnologia della stampa 3D in medicina è grande, tanto da indurre l’Università di Maastrich a creare un gruppo di ricerca ad hoc. In ogni caso, pone l’accento Auricchio: «sebbene abbia le potenzialità per farlo nei prossimi anni, al momento la stampa 3D non è ancora entrata in modo sistematico nella realtà ospedaliera».

Stefania Somaré