Negli ultimi anni la ricerca oncologica ha evidenziato il ruolo di alcune mutazioni genetiche nella predisposizione allo sviluppo del tumore mammario, così come nella sua aggressività e capacità di rispondere alle cure.
Queste mutazioni, che sono coinvolte in diversi pathway biologici, sono state riconosciute come biomarcatori prognostici, capaci per esempio, di predire il rischio di recidiva della paziente e stimare i possibili benefici di una specifica chemioterapia.
Oggi sappiamo, infatti, che la chemioterapia adiuvante non è efficace allo stesso modo in tutte le pazienti con tumore mammario, e dato che la chemioterapia ha effetti collaterali anche importanti, è utile utilizzarla solo quando davvero necessaria.
Inoltre, individuare quali pazienti non risponderanno opportunamente alla chemioterapia permette anche di selezionare la via terapeutica per loro più efficace, rendendo il percorso di cura sempre più personalizzato.
Di tutti questi temi si è discusso durante un evento presso Il Mater Olbia Hospital, in Sardegna, dove si sono riuniti esperti di tutta Italia, afferenti a vari centri di eccellenza, come Città della Salute e della Scienza di Torino, Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, Europa Donna Italia, Policlinico Universitario Campus Biomedico, Humanitas Istituto Clinico Catanese e Humanitas University di Rozzano, Policlinico Sant’Orsola di Bologna, Ospedale Oncologico Businco e Università degli Studi di Bari.
Dal confronto tra gli esperti sono emerse anche alcune criticità, in particolare rispetto alla diffusione di questi strumenti, considerati una vera e propria rivoluzione terapeutica, nonostante siano spesso prescrivibili in regime di SSN.
Il prof. Giancarlo Pruneri, Direttore del Dipartimento di Patologia dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano e professore ordinario di Anatomia Patologica all’Università degli Studi di Milano, sottolinea, infatti che «la sfida nuova per i sistemi sanitari è integrare velocemente questi nuovi strumenti, quali i test genomici, nel percorso di cura dei pazienti, per evitare disparità di trattamento e migliorare la sopravvivenza e la qualità di vita».
L’evento è stata anche occasione per inserire il Mater Olbia Hospital «in una rete virtuosa di interazioni e di collaborazioni che gli permetta di crescere e accreditarsi in campo oncologico», come dichiarato dal dott. Antonello Domenico Cabras, direttore della Patologia e Diagnostica Molecolare Oncologica dell’ospedale sardo e promotore in prima linea del congresso.
Anche in Sardegna, infatti, la delibera di Giunta 36/50 del 31/8/2021 stabilisce la possibilità di effettuare i test genomici per il carcinoma mammario ormonoresponsivo in stadio precoce, a carico del SSN.
Il Mater Olbia Hospital si inserisce quindi nella rete territoriale sarda già esistente per la presa in carico e la gestione di pazienti affetti da questa patologia e per i quali è indicato un test genomico che è possibile effettuare a Cagliari o a Sassari.