Dal rapporto Aiom-Airtum del 2019 dal titolo “I numeri del cancro in Italia” è emerso che il carcinoma polmonare è la terza tipologia di tumore per frequenza nel nostro Paese (rappresenta l’11% di tutti i tumori) e la prima causa di morte per tumore negli uomini e la terza nelle donne.

Il documento ha evidenziato anche che l’avvento della medicina di precisione ha consentito una classificazione più dettagliata delle alterazioni molecolari responsabili del suo accrescimento, alterazioni che ne influenzano la complessità diagnostica e terapeutica, sottolineando al contempo che il carcinoma polmonare non è una malattia omogenea e quindi non può essere trattato come tale.
Per meglio capire il livello di conoscenza e soprattutto il concreto utilizzo delle nuove opportunità diagnostiche e terapeutiche da parte degli oncologi, Fondazione Onda – Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere – in collaborazione con l’Istituto di ricerca Elma Research e con il contributo non condizionante di Roche, ha condotto un’indagine a livello nazionale su 90 specialisti afferenti a diverse tipologie di strutture: ospedali di piccole dimensioni, ospedali di grandi dimensioni e ospedali universitari-Irccs.

Uno scenario tra luci e ombre

I risultati dell’indagine mostrano uno scenario a tinte fosche: se è vero che gli oncologi dichiarano di avere una conoscenza approfondita della medicina di precisione e della sua importanza per la pratica clinica, meno della metà è a conoscenza delle più recenti innovazioni in termini di analisi delle mutazioni, come le piattaforme per la profilazione genomica.

Tre oncologi su cinque ritengono che il proprio centro non sia ancora pronto per queste nuove tecnologie, a causa per il 62% di essi della mancanza di attrezzature adeguate, ma anche per l’assenza di figure professionali specialistiche.

Sempre secondo i risultati dell’indagine, i test diagnostici molecolari su campioni istologici in grado di determinare le alterazioni molecolari alla base del tumore vengono effettuati nel 67% dei casi in presenza di un cancro localmente avanzato o metastatico.
Accertamenti questi divenuti ormai indispensabili in quanto in grado di definire in modo più accurato la biologia della massa tumorale, determinandone la prognosi e adattando, di conseguenza, in modo più mirato il percorso terapeutico.

L’importanza del team multidisciplinare

L’indagine Onda ha messo in luce anche l’importanza crescente della presenza di un team multidisciplinare – costituito da oncologi, radiologi, anatomopatologi e chirurghi – che si riunisca regolarmente per la definizione dei migliori percorsi diagnostico-terapeutici di pazienti affetti da tumore polmonare in stato avanzato o metastatico.

Tuttavia, è emerso che solo 7 centri su 10 dispongono di un team così strutturato, con grandi differenze a livello territoriale e a seconda della dimensione della struttura ospedaliera.
Nelle strutture più grandi e negli ospedali universitari, il lavoro di squadra è ormai la normalità nel 95% dei casi, valore che scende però al 69% per i grandi ospedali e a poco più della metà per quelli di modeste dimensioni (51%).

NGS – Next Generation Sequencing

Infine, il rapporto, ha evidenziato il ruolo delle piattaforme di profilazione genomica, che rappresentano l’ultima frontiera dello studio delle mutazioni.
In particolare, i test Next Generation Sequencing (NGS) sono in grado di identificare le alterazioni genetiche e le vie attraverso le quali si trasmettono i segnali cellulari; informazioni, queste, divenute indispensabili per i clinici, che così possono mettere in relazione il profilo mutazionale del tumore del singolo paziente con le terapie a bersaglio molecolare, che agiscono direttamente su queste mutazioni.

I principali vantaggi attribuiti al loro utilizzo risiedono nella possibilità di avere target therapy e una migliore profilazione del tumore.
Per quanto gli oncologi riconoscano la rilevanza della medicina di precisione, soprattutto per la pratica clinica futura, le piattaforme di profilazione genomica sono note ancora oggi a un campione ristretto di specialisti: il 43-44% degli oncologi, appartenenti, rispettivamente, a ospedali universitari – Irccs e a grandi strutture ospedaliere, con il solo 19% di coloro che lavorano in strutture di piccole dimensioni.

Ostativo all’utilizzo di sistemi innovativi come gli NGS sarebbe l’alto costo, secondo 2 professionisti su 5.
A ciò si associa la carenza di attrezzature del centro e la carenza di specialisti, come i bioinformatici, messa in evidenza da 3 oncologi su 5.
Al momento, le uniche strutture pronte per l’introduzione di queste tecniche sembrano essere gli ospedali universitari/Irccs.

«I risultati di questa indagine sono molto importanti per comprendere lo stato dell’arte della medicina di precisione in Italia, che in ambito oncologico sta aprendo nuovi orizzonti di cura e, secondo i più recenti dati prodotti in letteratura, consente un aumento della sopravvivenza dei pazienti affetti da tumore grazie all’impiego di tecniche come l’immunoterapia», ha commentato Francesca Merzagora, presidente di Fondazione Onda, che ha ricordato come durante il prossimo IV congresso nazionale della Fondazione, in programma per il 29 e 30 settembre in modalità virtuale, è prevista una specifica relazione nella sessione oncologia sulle strategie e sulle nuove opportunità per migliorare l’aderenza diagnostico-terapeutica nel tumore polmonare, che sarà tenuta dalla dottoressa Chiara Lazzari dell’Irccs San Raffaele.

Elena D’Alessandri