In Italia, uno dei centri di riferimento per la diagnosi dei tumori ematologici è l’Unità di Emolinfopatologia dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, laboratorio attivo dal 2015 e oggi diretto dal prof. Roberto Chiarle. Unità che ha ricevuto da Regione Lombardia il riconoscimento di “Laboratorio Ultraspecialistico di Diagnostica Emolinfopatologica”. Qui si effettua lo studio del profilo genico del tumore anche grazie all’acquisizione di 2 piattaforme biotecnologiche d’avanguardia.
Identificare il sottotipo tumorale per applicare medicina personalizzata
La tipizzazione di un tumore è sempre più alla base del suo percorso terapeutico: ciò è chiaro nei tumori del sangue, di quelli al seno e ginecologici, in quelli polmonari, del colon-retto e della prostata e lo diventa sempre più anche negli altri tumori. La tipizzazione può essere più o meno complessa, a seconda della forma tumorale che si sta studiando.
Spiega Chiarle: «l’accurata diagnosi di sottotipo istologico e molecolare fa la differenza nella cura dei tumori ematologici. Il principio della classificazione del tumore in base ai geni della cellula di origine è nato in ematologia, qui si è evoluto ed è in aggiornamento continuo. Per esempio, se per la classificazione del tumore del seno è necessario conoscere lo stato di un numero limitato di geni alla base della malattia, per i tumori ematologici la classificazione è di almeno dieci volte più complessa.
Questa ricchezza di conoscenza ha un valore enorme per l’efficacia della cura. Anzitutto, perché per molti geni alterati che vengono individuati, può essere a disposizione una molecola in grado di agire specificamente su quel gene. La lista dei farmaci “intelligenti” per i tumori ematologici è molto superiore a quella per i tumori solidi.
Inoltre, l’analisi mutazionale genica può dare informazioni che cambiano la prognosi della malattia e permettono di prevedere la risposta a terapie personalizzate evitando così il carico di tossicità legato all’assunzione di farmaci poco efficaci». Data l’alta complessità della diagnosi emolinfopatologica, i centri che la effettuano devono rispondere ad alcune caratteristiche ed essere sempre all’avanguardia da un punto di vista tecnologico. Ecco perché la tendenza è di centralizzare questa diagnosi in poche realtà.
Individuare centri di eccellenza per la diagnosi
La centralizzazione degli atti medici più complessi risponde all’esigenza di poter garantire il miglior trattamento possibile a tutti i pazienti, rispettando al contempo la sostenibilità. Riprende Chiarle parlando di individuazione di centri di eccellenza per la diagnosi emolinfopatologica: «alcuni Paesi si sono mossi prima degli altri: in Germania, per esempio, la diagnostica molecolare è affidata a 5 o 6 centri di eccellenza, a cui i laboratori minori sono obbligati a mandare il materiale da analizzare.
In Italia, la Lombardia è precursore di questo schema, che prima di tutto favorisce i pazienti perché dovrebbe aumentare la rapidità e la precisione diagnostica, conseguentemente migliorando le chances individuali di guarigione. In secondo luogo, razionalizza anche l’attività dei laboratori più piccoli, che non sono obbligati a investire costantemente in tecnologie e personale per stare al passo con costose evoluzioni tecnologiche a fronte di volumi non sufficienti a coprire i costi».
Nel complesso, in Italia, i tumori del sangue colpiscono circa 16mila nuove persone l’anno, pazienti che potrebbero godere dei vantaggi di una terapia personalizzata.