Tutori prefabbricati con stampa 3D all’Istituto Ortopedico Rizzoli

Pier Maria Fornasari
Pier Maria Fornasari

All’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna la stampa 3D si usa già da qualche tempo. Pier Maria Fornasari, direttore della Banca del Tessuto e delle Cellule Muscoloscheltriche (Bctm) dell’Istituto, racconta: «presso la Bctm produciamo tessuti necessari a diverse discipline mediche, tra cui l’ortopedia, ma non solo. Siamo una banca del tessuto. Nell’ultimo periodo abbiamo assistito all’aumento della richiesta di tessuti cosiddetti “custom”, ovvero personalizzati. Abbiamo sempre lavorato partendo da un materiale grezzo e raffinandolo tramite dei robot specifici, fino ad arrivare all’oggetto finito, un po’ come fanno gli scultori con un pezzo di legno o di marmo. A un certo punto, però, ci siamo chiesti se fosse possibile giungere allo stesso risultato con una tecnica additiva, ovvero partendo dal nulla e aggiungendo materiale fino a ottenere il pezzo finito: la stampa 3D era la tecnologia che poteva permettere un lavoro di questo tipo. Così abbiamo avviato una collaborazione con un’azienda del settore, la Wasp, con cui abbiamo avviato vari progetti per l’uso della stampa 3D. Il primo è relativo alla stampa di tutori da usare nel nostro pronto soccorso, un progetto che richiede l’uso di una stampante molto grande e rapida, dotata di un laser che svolge la funzione di scanner. Grazie a questo progetto in Pronto Soccorso useremo dei tutori prefabbricati che vengono posizionati sull’arto del paziente, scaldati e modellati al momento. Questo ci permetterà di fornire un prodotto personalizzato abbattendo i costi, dal momento che un tutore acquistato all’esterno può costare 30 euro, mentre quello prefabbricato dal quale partiamo ha un costo di soli 50 centesimi».
Oltre alla produzione di tutori per il proprio Pronto Soccorso, l’Istituto Ortopedico Rizzoli ha avviato anche un progetto di studio per la realizzazione di teche craniche da usare, in futuro, per il trapianto. «In caso di grave trauma cranico», ricorda Fornasari, «il chirurgo è spesso costretto a rimuovere parte della teca cranica per permettere al cervello di espandere il suo volume. Teca che va riposizionata una volta che il cervello riprende le sue dimensioni normali. Fino a oggi si possono valutare tre opzioni:
– riutilizzare la teca originaria, che deve però essere ben disinfettata e lavata;
– utilizzare una teca in idrossiapatite, un materiale molto fragile che costringe poi il paziente ad avere attenzioni particolari nella vita di tutti i giorni;
– impiantare una teca in plastica, materiale che però non è bio-riassorbibile e colonizzabile. Queste teche, inoltre, hanno il difetto di essere mono-strato, mentre la nostra teca cranica naturale è fatta di osso piatto e quindi è un tri-strato.
Con il nostro progetto vogliamo riprodurre una protesi di teca cranica tri-strato e personalizzata utilizzando la stampa 3D, teca che sarà dotata di due strati rigidi all’esterno e all’interno e di un materiale spugnoso all’interno. La presenza della componente spugnosa permetterà, inoltre, la riabitazione da parte delle cellule staminali dell’osso naturale, consentendo nel tempo la sostituzione completa della teca stessa con osso della persona. La teca costituirebbe quindi solo una traccia sulla quale avviene la ricostruzione della calotta cranica.
Lavorare con la stampa additiva è molto interessante, anche perché esistono già stampanti che possono stampare strati di cellule staminali nel prodotto finito, stimolando dunque la rigenerazione di un tessuto. Inoltre, un altro aspetto particolarmente rilevante di questa tecnologia è che consente la deposizione degli strati in direzioni differenti, come per esempio verticale, poi orizzontale, obliquo ecc., caratteristica che permette di riprodurre in modo molto preciso l’anatomia delle strutture del corpo umano. Certo, quando dalla sperimentazione si passa all’applicazione pratica sul paziente è necessario essere rapidi e ciò richiede stampanti più grandi e costose, e anche la precisione deve essere elevata. Ma siamo certi che le richieste saranno tali da determinare un calo dei prezzi. Noi al momento utilizziamo una stampante a filamento abbinata a un laser come scanner, con la possibilità di stampare liquidi a pressione, e a una piccola fresa».

Stefania Somaré