IN-Intelligenza Nutrizionale, reinventare la mensa ospedaliera

Un nuovo protocollo di ricerca sperimentale e interdisciplinare tra Sapienza Università di Roma, Ospedale Cristo Re, GioService e lo chef Niko Romito, che rivoluziona la ristorazione collettiva portando la scienza e le tecniche dell’alta cucina tra le corsie d’ospedale, perché il cibo diventi parte integrante della cura stessa.

Ricerca e alta cucina al servizio della scienza per la salute e il benessere del paziente in ospedale. Reingegnerizzazione delle cucine ospedaliere, standardizzazione dei processi ma anche attenzione allo stato di nutrizione e al comportamento alimentare dei pazienti e formazione altamente specializzata degli addetti: questi i nuovi paradigmi di qualità per le mense ospedaliere e per la ristorazione collettiva di domani.
Stiamo parlando del progetto IN-Intelligenza Nutrizionale, un protocollo di ricerca sperimentale e interdisciplinare che vuole re-inventare il concetto di mensa ospedaliera. IN-Intelligenza Nutrizionale è promosso da GioService, società del gruppo Giomi Spa che offre servizi alle strutture sanitarie italiane e realizzato in collaborazione con l’Ospedale Cristo Re di Roma, l’Unità di Ricerca in Scienza dell’Alimentazione e Nutrizione Umana – Sapienza Università di Roma, lo chef 3* Michelin Niko Romito,che partecipa con la sua divisione “Metodo Niko Romito”, e Analysis Group, che ha permesso di testare per la prima volta il valore nutrizionale degli alimenti dopo la trasformazione.
«Con il progetto IN», precisa il prof. Lorenzo Maria Donini, responsabile dell’Unità di Ricerca in Scienza dell’Alimentazione e Nutrizione Umana del Dipartimento di Medicina Sperimentale Sapienza Università di Roma, «vogliamo contrastare la malnutrizione ospedaliera, per eccesso o per difetto, che ancora oggi, purtroppo, riguarda la stragrande maggioranza dei pazienti ricoverati. Dagli ospedali alle strutture di riabilitazione e alle nursing home, quindi, si tratta di una condizione che impatta negativamente sullo stato di salute e sulla qualità di vita dei pazienti, incidendo anche sui costi assistenziali. Grazie, invece, alla messa a punto di nuove metodiche di trattamento degli alimenti, che ne preservino le qualità nutrizionali e assicurino una migliore accettabilità da parte del paziente, di nuove procedure per il processo di trasformazione degli alimenti in pietanze, che consentano di rispettare i vincoli di bilancio e limitino al massimo la variabilità inter-operatore, e alla verifica attenta e alla costante ricerca della qualità, siamo ora in grado di presentare un modello di ristorazione ospedaliera innovativo e unico nel suo genere».
IN-Intelligenza Nutrizionale innova la scienza dell’alimentazione e la degenza ospedaliera, poiché standardizza procedure e risultati del servizio di ristorazione, introducendo nuovi paradigmi di valutazione della qualità del servizio ospedaliero, alla luce di un più ampio concetto di benessere che parte anzitutto dall’alimentazione come primo elemento per il benessere fisico e psicologico dei pazienti ricoverati, e riorganizzando completamente la gestione della ristorazione collettiva, in ambiente ospedaliero e non. La filosofia di fondo del progetto è semplice quanto affascinante: attraverso la standardizzazione delle ricette, infatti, è possibile elevare il livello medio della qualità dei piatti e replicare una cucina di qualità in ogni luogo, anche in ospedale.
Una questione nutrizionale o salutare quindi, ma anche di piacevolezza e risparmio. Un prodotto trattato secondo modelli replicabili e formule esatte conserva, oltre ai suoi valori nutritivi, un aspetto e una palatabilità migliore, e consente di abbattere i costi.

Ottimizzazione economica
Il tema dell’ottimizzazione economica è fondamentale nel progetto: l’applicazione del modello “IN” prevede, infatti, piccoli costi differenziali rispetto a un modello di ristorazione collettiva tradizionale (per esempi, per l’acquisto di abbattitori e forni di ultima generazione), che vengono però ampiamente ammortizzati nel prodotto realizzato. Il food cost resta invariato sotto il profilo delle derrate alimentari utilizzate, ma grazie a tecniche di cottura più efficienti si abbatte drasticamente il calo peso percentuale delle materie prime (da un valore medio del 25% al 5%). Limare i costi del cibo significa ottenere un risparmio che può essere investito per acquistare materie prime di maggiore qualità.

Ospedale Cristo Re
Sede del progetto pilota è l’Ospedale Cristo Re di Roma. «La nascita di un progetto così rivoluzionario», ha dichiarato Andrea Sponzilli, direttore generale GioService, vicedirettore amministrativo dell’Ospedale Cristo Re, «che posa una nuova pietra miliare nell’approccio alla ristorazione ospedaliera e quella collettiva più in generale, in un ospedale noto per i parti come il Cristo Re, è una metafora che ben rappresenta la portata del lavoro di ricerca che ci ha visto impegnati tanti mesi: nutrire meglio dove nasce la vita è motivo di orgoglio e grande soddisfazione. Lungo tutto l’arco della ricerca, abbiamo potuto toccare con mano e prendere atto, insieme ai pazienti, di come servire migliori pasti cambiasse la percezione dell’esperienza di degenza. Del resto, non bisogna dimenticare che il momento del pasto è psicologicamente centrale durante un ricovero in quanto unico momento di contatto con la normale quotidianità. Migliorare la variabile nutrizionale e ribaltare il paradigma, per cui se è ospedaliero allora parliamo di cibo frustrante per il gusto, è stato fin da subito uno dei principi fondamentali del nostro lavoro».

Migliorare la qualità nutrizionale degli alimenti
L’Università degli Studi di Roma La Sapienza ha condotto un’indagine per studiare le abitudini alimentari dei pazienti e per valutare le nuove procedure di cottura e preparazione delle pietanze proposte dal progetto IN-Intelligenza Nutrizionale. Secondo i dati queste procedure consentono una più efficace conservazione dei parametri della qualità nutrizionale degli alimenti. Le valutazioni sono state fatte sulle materie prime e sulle pietanze campionate. Sono stati valutati due aspetti: il contenuto di sostanze antiossidanti (composti fenolici totali, carotenoidi totali e vitamina C) e il contenuto di sostanze pro-ossidanti (numero di perossidi e saggio di Kreiss). Con la valutazione delle sostanze antiossidanti si è voluto verificare quanto il processo di trasformazione e cottura incidesse sulla perdita di sostanze importanti per la qualità salutistica degli alimenti, mentre con la valutazione del contenuto di sostanze pro-ossidanti si è voluto determinare quanto i processi di trasformazione e cottura potessero incidere sulla formazione di sostanze con proprietà negative per il nostro organismo, come i perossidi che appartengono al gruppo di sostanze note come radicali liberi. Dal confronto emerge che le nuove modalità di cottura proposte da Niko Romito preservano un maggior contenuto di antiossidanti (mentre nelle preparazioni standard si riducono in media di circa un quarto) e portano alla produzione di sostanze pro-ossidanti decisamente più bassa (75% in meno rispetto a quanto viene generato dalle preparazioni standard).
La valutazione della qualità salutistico-nutrizionale dei pasti proposti da Niko Romito-Sapienza-Gioservice è stata affidata al laboratorio Analysis srl: secondo i risultati è emerso che il metodo Niko Romito applicato alla ristorazione collettiva consente di ottenere dei risultati assolutamente eccellenti garantendo livelli di qualità salutistico-nutrizionale. Il laboratorio ha confrontato tramite dei test appositi le modalità di trasformazione “innovative” messe a punto da Niko Romito con le modalità di trasformazione “convenzionali” abitualmente utilizzate per la preparazione dei pasti presso l’Ospedale Cristo Re. Il risultato di queste indagini ha quindi consentito di “quantificare” il margine di miglioramento incrementale che è stato possibile realizzare applicando dei processi di trasformazione “dolci” che caratterizzano il metodo Niko Romito, nelle stesse condizioni e negli stessi ambienti di quelle convenzionali, quindi senza influenza di fattori esterni. Per poter “quantificare” in modo semplice e immediato l’impatto dei due diversi “processi di trasformazione” è stato utilizzato il rapporto tra il valore anti-ossidante e il valore pro-ossidante, definendo ottimale questo rapporto quando i suoi valori erano pari o superiori a 10 (Anti-Ox/Pro-Ox ≥ 10 = trasformazione adeguata). Ovviamente tanto più alto è questo rapporto, migliore è il “contributo salutistico” della pietanza che viene consumata. Nel caso delle pietanze preparate con il metodo Niko Romito, questo rapporto è sempre compreso tra 15 e 100, mentre nelle preparazioni convenzionali è compreso tra 1 e 12 con pochi casi in cui si raggiunge il minimo per condizioni di trasformazioni adeguate pari a 10. Gli ottimi risultati ottenuti con il Metodo Niko Romito sono dovuti al fatto che con queste modalità di trasformazione e cottura la perdita di sostanze anti-ossidanti è stata in media inferiore al 7%, mentre la formazione di sostanze pro-ossidanti molto spesso ha fornito valori vicino allo 0. Per contro con le modalità di trasformazione e cottura convenzionali la perdita di sostanze anti-ossidanti è stata in media intorno al 30%, mentre la formazione di sostanze pro-ossidanti molto spesso ha fornito valori superiori a 20.

Scienza prima che alta cucina
Obiettivo del progetto è il ripensamento – dal punto di vista gestionale oltre che alimentare – dell’intera catena ristorativa. Cruciali per la realizzazione sono state la metodologia già perfezionata da Romito per la produzione di semilavorati e la standardizzazione delle ricette, la sua familiarità con le tecniche di trasformazione dolce dei cibi, e l’esperienza con la gestione economica applicata a modelli ristorativi diversi: i nuovi piatti, infatti, sono stati sviluppati mantenendo lo stesso costo di produzione e utilizzando le stesse materie prime già impiegate dall’ospedale e questo ha rappresentato uno degli elementi di sfida principali. Per re-ingegnerizzare il menù dell’Ospedale Cristo Re, la squadra di Metodo Niko Romito si è concentrata su sette tecniche di cottura e trasformazione* (cfr. scheda di approfondimento) mirate a preservare quanto più possibile le proprietà nutrizionali e organolettiche degli alimenti e ad agevolare i processi di preparazione. In tabella il nuovo menù per una settimana di servizio al Cristo Re (riferito a una dieta normale), confrontato con la versione precedente.
IN-Intelligenza Nutrizionale nasce in ospedale ma non vuole fermarsi li: le possibili applicazioni future riguardano tutta la catena della ristorazione collettiva, dalle scuole alle carceri, dalle mense aziendali alle case di riposo.

Indagine dell’Università La Sapienza di Roma sulle abitudini alimentari
L’indagine è stata coordinata dal prof. Lorenzo Donini dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza e ha valutato lo stato di nutrizione dei pazienti in ospedale. Secondo i dati raccolti molte sono le cattive abitudini alimentari prima del ricovero ed è necessaria una forte sensibilizzazione ed educazione circa il corretto uso degli alimenti.
Secondo i dati raccolti fino a questo momento i pazienti ricoverati sono caratterizzati da un notevole grado di comorbosità e presentano notevoli rischi dal punto di vista nutrizionale:
• il 10% dei pazienti intervistati presentava un BMI < 18.5 kg/m² (indice di malnutrizione per difetto) mentre il 32% aveva un BMI > 30 kg/m² (indice di obesità);
• il 50% dei ricoverati aveva avuto nei tre mesi precedenti una perdita di peso involontaria significativa (di nuovo, segno di malnutrizione per difetto);
• i pazienti erano affetti in media da più di due patologie e assumevano per tale motivo quattro farmaci a testa al giorno.
Ciò impone una particolare attenzione all’alimentazione di questi pazienti al fine di evitare le conseguenze sul piano clinico e funzionale delle diverse forme di malnutrizione.
Secondo l’indagine le cattive abitudini alimentari prima del ricovero sono frequenti:
• il 15% non fa colazione;
• il 25% non beve latte;
• il 30% non consuma abitualmente due porzioni di frutta al giorno;
• il 30% non consuma abitualmente due porzioni di verdura al giorno;
• l’80% consuma abitualmente (più di due volte a settimana) cibi conservati sotto sale (formaggi e salumi).
Questi dati indicano la necessità di un grande lavoro di educazione dei pazienti e di formazione del personale medico, di assistenza e di cucina.

Caterina Lucchini