Miglioramenti su tre bambini di quattro anni in stato vegetativo permanente da mesi da arresto cardiaco extraospedaliero. Nuove prospettive da indagare ulteriormente.
L’arresto cardiaco extraospedaliero in un bambino è un evento raro che è associato a tassi di sopravvivenza bassi (6,4-8%) e che lascia conseguenze importanti dal punto di vista comportamentale, neurologico e neuropsicologico.
Al momento non c’è cura per i pazienti colpiti. Di recente, però, Antonio Chiaretti, direttore del Pronto Soccorso Pediatrico del Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs di Roma e professore associato di Pediatria Generale e Specialistica all’Università Cattolica, ha presentato una possibile nuova strategia terapeutica.
Allo studio hanno partecipato vari dipartimenti della struttura romana (Pediatria, Neuropsichiatria Infantile, Neurologia, Medicina Nucleare, Farmacia e Terapia Intensiva Pediatrica) e l’Istituto di Farmacologia Traslazionale del CNR di Roma.
Combinare NGF e stimolazioni elettriche transcraniche
La proposta fatta dal professor Chiaretti sulle pagine della rivista è di combinare la somministrazione intranasale di Nerve Growth Factor (NGF) ricombinante umano con le Stimolazioni Elettriche Transcraniche a corrente continua (tDCS). Molti gli aspetti innovativi di questo approccio, in primis l’uso del NGF in questi soggetti, per tentare di ripristinare la funzione dei neuroni danneggiati… ma la stessa somministrazione intranasale rappresenta una novità.
Spiega Chiaretti: «in studi preclinici, la somministrazione intranasale di NGF ha dimostrato come tale fattore raggiunga il parenchima cerebrale in quantità adeguate, diffondendosi principalmente negli spazi perivascolari e perineurali dei nervi olfattorio e trigemino, dove poi è in grado di esplicare le sue azioni neuroprotettive e neurorigenerative».
L’esperto ha poi deciso di affiancarla alla tDCS, «un metodo di stimolazione cerebrale non invasivo, che agisce tramite una corrente continua mediante elettrodi posti sul cranio dei piccoli pazienti. Le tDCS sono state testate come un’efficace opzione terapeutica per un’ampia gamma di disturbi neurologici pediatrici, come il deficit di attenzione e il deterioramento cognitivo post-asfissia».
La metodologia è stata utilizzata su 3 bambini in stato vegetativo persistente da una 30ina di mesi dopo un ACEO prolungato, tutti non rispondenti ad altre opzioni terapeutiche.
I risultati dello studio
Spiega Chiaretti: «il nuovo approccio terapeutico ha evidenziato un rilevante miglioramento del metabolismo e della vascolarizzazione cerebrali, testimoniati dalla PET/CT e dalla SPECT/CT, e dei parametri elettrofisiologici, EEG e Power Spectral Density, con un concomitante miglioramento delle condizioni cliniche e neurologiche di questi pazienti.
Il miglioramento clinico più importante è stata però la significativa riduzione della spasticità muscolare che affligge in maniera significativa la qualità di vita dei bambini in stato vegetativo che, spesso, non riescono a essere mobilizzati o vestiti, se non a rischio di indurre fratture da parte dei loro genitori».
Nel complesso, questi avanzamenti hanno permesso una migliore interazione di questi soggetti con i propri genitori e una migliore qualità di vita. L’intento dei ricercatori è, adesso, di confermare i risultati qui ottenuti in un più ampio studio multicentrico e valutare i risultati clinici in bambini con stato vegetativo persistente ma con condizioni neurologiche basali meno gravi.
(Lo studio: Curatola, A., Graglia, B., Granata, G. et al. Combined treatment of nerve growth factor and transcranical direct current stimulations to improve outcome in children with vegetative state after out-of-hospital cardiac arrest. Biol Direct 18, 24 (2023). https://doi.org/10.1186/s13062-023-00379-5)