Cure a lungo termine: il Ssn assiste solo un quarto delle persone che ne hanno bisogno

239570SDCCMYK35«Il milione di pazienti assistiti in Italia tra Adi, hospice e Rsa è in realtà una parte delle persone che avrebbero bisogno di cure a lungo termine. Altri 3 milioni di pazienti non sono gestiti dal sistema sanitario. È ipotizzabile che alcuni di loro possano permettersi un’assistenza privata, ma molte di queste persone gravano sui familiari e che quindi rappresentino veri e propri “esodati della sanità”. Si tratta per inciso di cittadini votanti, che dovrebbero divenire una priorità della politica: se non per virtù, almeno per tornaconto elettorale».

Con questi dati e con questo forte appello alla politica, il professor Roberto Bernabei, presidente di Italia Longeva, afferma: «vogliamo cancellare dal concetto di cronicità quella patina di rassegnazione tipica dell’attuale modalità di presa in carico (e a volte di presa in carico mancata) dei pazienti che hanno bisogno di cure continuative a lungo termine. Così abbiamo scelto di superare la definizione stessa di cronicità e riferirci alla long term care per sottolineare che non ci interessa discettare per l’ennesima volta sulle patologie e sulle condizioni che renderebbero necessaria un’assistenza continuativa e a tempo indeterminato, ma piuttosto individuare soluzioni pragmatiche in funzione di servizi da offrire concretamente ai cittadini. E al maggior numero possibile di cittadini».

Italia Longeva propone nuovi approcci all’assistenza domiciliare, le prospettive offerte dalla tecnoassistenza, le novità in tema di residenzialità assistita, le ultime frontiere nel campo delle cure palliative e le nuove proposte per la gestione del post acuzie.

Quanto all’impegno del Ministero della Salute sul tema della programmazione e ridefinizione materia dell’assistenza a lungo termine, Renato Botti, direttore generale della Programmazione Sanitaria del Ministero della Salute, ha affermato: «vogliamo realizzare in concreto l’integrazione tra ospedale e territorio. A tal fine, il Piano Nazionale Cronicità farà leva sulla figura di raccordo del medico di medicina generale. Per questo è importante che sia correttamente attuata la riforma delle cure primarie: quest’ultima e il nuovo Piano Cronicità sono riforme imprescindibili e legate a doppio filo. L’altra sfida fondamentale è far sì che, nelle macro-aree terapeutiche individuate dal Piano, siano adottate linee d’indirizzo comuni da parte di Regioni che d oggi hanno Piani Diagnostico-Terapeutici Assistenziali (PDTA) differenti. L’obiettivo del Piano è permettere al maggior numero di pazienti di continuare a essere assistiti a domicilio e per fare questo abbiamo bisogno di valorizzare anche gli infermieri. In generale, promuovere le buone pratiche e diffondere i risultati positivi che saranno raggiunti sono i cardini del nuovo Piano, che ora è alla firma del ministro, arriverà presto in Conferenza Stato-Regioni e dovrebbe essere operativo dal 2017 (perché il documento è già stato analizzato in dialogo con diverse Regioni e quindi dovrebbe essere approvato rapidamente)».

Il tema del progressivo invecchiamento della popolazione e delle conseguenti ricadute sul sistema sanitario determinate dall’aumento di persone che necessitano di cure a lungo termine, è stato affrontato di recente anche dall’Oms, attraverso John Beard, direttore  del Dipartimento Oms dedicato all’invecchiamento (Department of Ageing and Life Course): «l’Oms ha adottato di recente il “Global Strategy and Action Plan on Ageing and Health”, uno strumento atto ad assicurare che tutti i Paesi abbiano un sistema di cure a lungo termine: questo è uno degli elementi chiave della strategia varata dall’Oms. Andare incontro ai bisogni degli anziani con limitazioni fisiche può consentire loro di continuare a condurre una vita piena di significato e  dignità, al di là dei limiti fisici. E anche supportare meglio le persone che garantiscono l’assistenza agli anziani, più frequentemente care giver donne, può consentire di ripartire più equamente l’impatto complessivo delle limitazioni fisiche della terza età e così permettere anche alle persone che prestano assistenza di avere più tempo da dedicare ad altre attività e aspirazioni».