Le tecnologie rappresentano lo strumento imprescindibile per un cambio di passo in ambito sanitario, anche con riguardo alle strutture ospedaliere. In futuro, gli ospedali dovranno seguire la logica dell’intensità di cura, essere modulari, dialogare con il territorio in una logica di circolarità ma, al contempo, essere fortemente legati al contesto di riferimento: non esiste una ricetta unica, perché ogni contesto è legato a specifici bisogni.
Negli ultimi anni e a ritmo sempre più incalzante, le nuove tecnologie stanno rivoluzionando il settore sanitario, modificando le modalità di interazione medico-paziente, puntando a un’assistenza di prossimità e a una presa in carico domiciliare. Come intuibile, in questo processo di radicale ridefinizione dell’assistenza, anche gli ospedali cambiano pelle. E allora come sarà o piuttosto come dovrà essere l’ospedale del futuro? Alcune suggestioni da una sessione del XXIV Convegno Nazionale dell’Associazione italiana Ingegneri Clinici, svoltosi a Roma presso il Centro Congressi La Nuvola dal 15 al 18 maggio scorsi.
Le caratteristiche dell’ospedale del futuro
«L’ospedale del futuro dovrà essere flessibile, modulare – anche perché il Covid-19 ci ha insegnato che può essere necessaria una riconfigurazione rapida dei posti letto – estremamente digitale, supportato dall’intelligenza artificiale, senza reparti predefiniti e accogliente, con tanto verde e con una forte impronta di sostenibilità», ha sostenuto Giovanni Guizzetti, ingegnere clinico e direttore sociosanitario ASST Ovest Milanese, nell’introdurre la sessione da lui moderata.
«Per capire quale possa essere il futuro dei centri di cura dobbiamo capire quale sarà il futuro di tutte le assistenze sanitarie del cittadino e, quindi, anche come si arriverà ad impostare una nuova relazione tra sanità domiciliare e sanità territoriale.
In questo senso la convinzione emersa dagli interventi di tutti gli esperti coinvolti da AIIC è quella condivisa anche a livello internazionale: all’ospedale del futuro il paziente cronico non dovrà accedere pressoché mai, se non in casi rari e in condizioni di vivibilità decisamente differenti che nel passato».
Verranno meno i reparti così come li intendiamo oggi e i percorsi verranno strutturati sulla base dell’intensità di cura dei pazienti. Altresì, grande attenzione verrà data agli spazi verdi che, come confermato da numerosi studi, influisce positivamente sulla cura e sul benessere del paziente.
Puntare a uno scambio continuo con il territorio
«Il futuro dei nostri ospedali parte da ciascuno di noi che ci aspettiamo di essere presi in cura, prima ancora che essere curati», ha sostenuto nel corso della sessione Paolo Petralia, vicepresidente vicario Fiaso e direttore generale dell’ASL 4 Liguria.
L’avanzare della digitalizzazione, delle tecnologie e dell’intelligenza artificiale contribuiranno a ridisegnare processi e percorsi, che devono andare nella direzione di una maggiore interazione, circolarità e dialogo con il territorio.
Verso le camere singole, per scongiurare la trasmissione delle infezioni
Rispetto alle camere, la maggior parte dovranno essere singole e questo non solo per garantire un confort maggiore dei pazienti ma, soprattutto, per scongiurare il rischio infettivo. Una visione questa confermata da Petralia, che evidenziato che nei centri di cura «non si dovrà condividere la camera con altre persone e, grazie alla tecnologia, sarà realizzata la virtualizzazione dei posti letto grazie alla quale non sarà più necessario dover dormire in ospedale per essere curati perché, con la condivisione dei dati, l’assistenza sarà fornita al bisogno, a domicilio.
La progettazione: non esiste un unico modello idoneo per tutti
Nel corso della sessione sono stati approfonditi gli ambiti di progettazione. È emerso, per esempio, che la stessa non può prescindere dal contesto di riferimento e dal suo ambito di azione. L’ospedale, essendo chiamato a rispondere a specifici bisogni, non rappresenta un modello replicabile e idoneo a tutte le latitudini.
Guardando al futuro, si è parlato anche di ospedale senza posti letto, in quanto la sanità sta andando sempre più nella direzione di fornire assistenza a domicilio al paziente attraverso un monitoraggio a distanza. Quello che ad oggi può sembrare fantascienza, è però altrove già realtà. A dimostrarlo il Mercy Virtual Care Center – aperto negli Stati Uniti nel 2015 – che dispone di 330 medici che forniscono assistenza a circa 600 mila pazienti di 7 Stati.
In Italia, l’auspicio per il futuro, a fronte di un patrimonio edilizio ospedaliero per lo più obsoleto è «riuscire a lavorare per trasformare gli edifici attuali in building adeguati in termini di strutture che risparmino energia, che siano green, automatizzate ed efficienti sia dal punto di vista dei percorsi che anche degli spostamenti, in una logica che, dal monoblocco, ritorna a progettare padiglioni piccoli, immersi nel verde e capaci di essere flessibili nel loro utilizzo, come la pandemia ci ha insegnato», ha concluso Petralia.