eHealth, modello di business che prevede la figura del broker

Negli ultimi mesi nel mondo sono aumentati i programmi di eHealth, non solo ospedalieri ma anche nei servizi territoriali. Questi sono stati una risposta naturale all’esigenza imposta dalla pandemia di limitare al massimo i contatti umani per continuare a seguire soggetti cronici, fragili e/o anziani.

In molti casi questi progetti sono nati in modo informale, utilizzando gli strumenti a propria disposizione, ma sempre più nel tempo sono andati strutturandosi. Ogni cosa ha però il suo prezzo. È nato così il bisogno di creare dei modelli di business in grado di soddisfare anche i produttori di servizi.

Uno studio svedese ha proposto un modello anche all’ambito extraospedaliero, fin qui poco preso in considerazione. Nella loro introduzione gli autori sottolineano le ragioni che rendono difficile lo sviluppo di questi modelli: sostanzialmente manca una figura che possa fare da intermediario, facilitando una riduzione dei costi di transazione e al contempo stimolando il vantaggio comparato.

Perché è così importante concentrarsi su modelli di business anche in un ambito, come quello della salute, spesso gestito in maniera pubblica e senza scopo di lucro? Questa, quantomeno, è la situazione svedese, dove gli enti privati comunque si muovono seguendo la regolamentazione dello Stato. La risposta degli autori è quantomeno interessante.

Anzitutto, lo sviluppo dell’Health in ambito sociosanitario vede la partecipazione attiva di aziende private che hanno quindi necessità di fare profitto per poter continuare a produrre innovazione, in un circolo che richiede anche ai sistemi più virtuosi di individuare modelli commerciali adeguati. Non solo. Gli stessi enti pubblici hanno un vantaggio nel generare un surplus finanziario, utile a coprire le spese di gestione e diffusione dei servizi stessi.

Quali vie si possono utilizzare? Le tasse, ma anche una piccola quota di abbonamento per il servizio. Ecco allora che tanto i generatori di innovazione quanto i loro offerenti hanno necessità di guadagno. Il modello proposto dagli autori, la cui costruzione è narrata in uno studio, prevede l’introduzione del famoso intermediario, il broker.

Il primo step dello studio ha previsto lunghe interviste ai vari attori del sistema per capire i loro bisogni e aspettative: il primo autore ha quindi parlato con aziende produttrici, enti pubblici e organizzazioni sociali. Le risposte ottenute sono state analizzate e ogni aspetto messo in evidenza è stato preso in considerazione nello sviluppo prima di tre modelli di business, e poi nella selezione del modello proposto. Infine, nella fase tre, gli stessi attori sono stati chiamati a valutare il modello, evidenziandone eventuali falle da sistemare. Il processo è stato lungo, ma necessario: secondo gli autori il loro studio può apportare cambiamenti nel modo di pensare al business sanitario, di fatto favorendo la crescita dell’eHealth in ambito sociosanitario. Lo studio è stato condotto dalla Linköping University e dalla University of Southern Denmark.

(Lo studio: Vivian Vimarlund, Nicolas Nikula, Christian Nøhr. Business models and eHealth social innovations for social care services: Serving the two sides of the market. Health Policy and Technology, Volume 10, Issue 4, 2021, 100555. ISSN 2211-8837. https://doi.org/10.1016/j.hlpt.2021.100555)

Stefania Somaré